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Quest'articolo è stato aggiornato il giorno: venerdì 29 ottobre, 2021

“Il tempo non esiste, è solo una dimensione dell'anima. Il passato non esiste in quanto non è più, il futuro non esiste in quanto deve ancora essere, e il presente è solo un istante inesistente di separazione tra passato e futuro.”

- Aurelio Agostino d'Ippona

Cos’è il tempo?

La domanda, che solletica il pensiero dell’uomo da millenni, è freddamente spiegata dalla fisica: è l’intervallo che intercorre tra due eventi eguali.

La definizione, certamente corretta sul piano prettamente logico, è stata sempre intuita, almeno empiricamente, dai più illustri matematici, fisici, filosofi ed astronomi dell’antichità, soprattutto di origine ellenistica.

Fu a loro, difatti, che il concetto di ‘scorrere degli eventi’ si sciolse dalla mera ‘sensazione’ per divenire invece un argomento concreto, possibilmente misurabile.

Fino ai primi anni del 1900, lo scorrere del tempo era considerato un ‘effetto’, ineluttabile, fisso ed eguale in ogni momento.

Il tessuto spazio-temporale
Un ritratto in vecchiaia di uno dei fisici matematici più famosi, se non il più famoso in assoluto, del XX secolo: Albert Einstein.
Salì alla ribalta delle cronache, e non solo scientifiche, per aver pubblicato due rivoluzionarie teorie ad inizio 1900: la relavità ristretta e la relatività generale. Le equazioni di Einstein spiegarono un Universo relativo, in cui la velocità massima di c (la luce) è definita, e che impediscono alla massa di accelerare fino ad essa: se ad un determinato corpo viene data abbastanza energia per raggiungere, in accelerazione, velocità prossime a c esso, all'aumentare dell'energia, non aumenterà la velocità, ma aumenterà anzi la massa.
Ne consegue che la massa non è altro che una forma concentrata di energia, e che le due grandezze sono quindi convertibili.
Avendo dunque posto un freno insormontabile alla velcoità di propagazione delle informazioni, anche il concetto di tempo cambia radicalmente: diventa relativo al sistema di riferimento preso in considerazione

Fu però il fisico matematico forse più famoso del mondo, ovvero Albert Einstein, ad ipotizzare, per primo, il concetto di ‘dimensionalità’ del tempo.

Lo scorrere degli eventi, secondo la nota teoria della relatività (ristretta) del genio tedesco era una vera e propria dimensione, che si intrecciava indissolubilmente alle tre già conosciute (altezza, larghezza e profondità) e che quindi riformulava l’Universo col concetto di spazio-tempo.

Altresì, avendo dato una velocità fissa e definita ai fotoni (la luce), e quindi avendo messo dei paletti insormontabili di propagazione dell’informazione in tutto il tessuto spazio-temporale, i calcoli erano presto fatti: il concetto di ‘tempo’ è sempre relativo al sistema di riferimento.

Questa vera e propria rivoluzione, non solo fisica ma di pensiero stesso, fu una delle conquiste scientifiche moderne più importanti.

E=mc2
Una delle equazioni più famose della storia della matematica, in tutta la sua disarmante semplicità.
Per arrivarci, ci sono voluti millenni di evoluzione, fallimenti, scoperte ed intuizioni.
E sta per energia, m è la massa e c è la velocità della luce (che è una costante di 299 792 458 metri per secondo, quindi quasi 300 000 Km/s).
Tale equazione non solo fissa il limite massimo dell'accelerazione per un qualsiasi corpo dotato di massa (che non potrà mai essere accelerato fino a c), ma fissa anche dei paletti insormontabili per la massima velocità di trasmissione delle informazioni in tutto l'Universo.
Datosi che è un'equazione, ne consegue che è possibile convertire energia in massa e viceversa: massa ed energia, quindi, diventano due facce della stessa medaglia, che è la materia. Una rivoluzione non solo fisica, ma di pensiero

Elemento dello spazio-tempo oppure semplice percezione umana (le cose non sono in contrasto, comunque), il trascorrere degli attimi è una delle sensazioni primordiali del pensiero umano.

E, come tale, il tempo è stato oggetto di studio e di riflessione da millenni.

“Cos’è il tempo? - amava scrivere Sant’Agostino - Se me lo chiedete, non lo so; se non me lo chiedete, lo so”.

Sant'Agostino da Ippona, il Dottore della Chiesa ed uno dei filosofi più influenti di ogni era
Il Dottore della Chiesa, Sant'Agostino da Ippona.
Filosofo e teologo di sopraffina intelligenza, le sue riflessioni andavano ben oltre il pensiero religioso, spingendolo ad analizzare praticamente ogni scibile umano, e facendolo ricordare come uno dei giganti della storia dell'umanità.
Visionario e geniale, fu il primo ad ipotizzare il tempo non come una mera percezione umana, ma bensì come una vera e propria dimensione.
Dopo quasi 1500 anni dalla sua morte, tale intuizione si rivelerà esatta

Datosi che, comunque, inteso strettamente come intervallo regolare tra due eventi uguali, il tempo è quindi misurabile, fin dagli albori della civiltà umana ci si è ingegnati appunto per misurarlo.

I moderni, super-precisi e super leggeri orologi al quarzo che portiamo ora ai nostri polsi, di ogni foggia, marca o modello, sono solo il risultato di millenni di idee, sperimentazioni, conquiste scientifiche e tecniche.

In quei pochi grammi del vostro nuovo e fiammante Apple Watch, c’è una lunghissima storia che parte dall’inizio stesso del nostro Universo, dal primo moto del primo elettrone creato appena dopo il Big Bang.

Sembra veramente incredibile, ma è veramente così.

Quest’articolo, quindi, è solo una breve ‘cronologia’ - è davvero il caso di dirlo - di come l’essere umana abbia inventato sempre strumenti nuovi per misurare quella grandezza infinita che si muove, almeno apparentemente, solo in una direzione: nel futuro.

Buona lettura!

Cos’è il tempo?

La luna e le sue fasi lunari come metodo di calcolo del tempo
La Luna, l'unico satellite naturale del nostro pianeta, e le sue fasi cicliche.
L'intervallo delle fasi lunari ed il suo calcolo è considerato uno dei primi, se non il primo assoluto, metodo di calcolo dello scorrere del tempo usato dall'uomo primitivo (e non)

Parlando secondo la fisica classica, come già accennato poco in alto, è meramente la misurazione dell’intervallo trascorso tra due eventi eguali e regolari.

Il battito regolare del cuore, una goccia che cade, della sabbia che scorre, le onde del mare… Di esempi naturali ce ne sarebbero a iosa, ma il concetto è comunque quello: noi umani, non potendo fisicamente misurare ciò che è per noi solo una ‘sensazione’ (o percezione), dobbiamo necessariamente misurarne i suoi effetti sulla realtà circostante.

In realtà, il tempo è una delle quattro dimensioni che permettono la percezione stessa della realtà: le altre sono le tre canoniche, conosciute anch’esse da millenni, e sono la larghezza, la lunghezza e la profondità.

Insieme, queste quattro grandezze formano il tessuto chiamato spazio-tempo, che permette l’esistenza della materia (massa ed energia, che poi sono equivalenti, per l'equazione di Einstein).

Per ciò che ne sappiamo al momento, il tempo è l’unica delle quattro dimensioni che può essere percorsa solo in una direzione: in avanti (il concetto di futuro). Percorrere a ritroso la linea temporale, al momento e sulla base delle nostre conoscenze fisiche, non è possibile, anche se non è detto che non si possa fisicamente fare.

Proprio per questa sua caratteristica, al contrario delle altre tre dimensioni, non è possibile eseguire una misura corretta del tempo se non quando esso è già passato (quindi, accaduto); è possibile però, dato che il suo scorrere sembra apparentemente eguale in ogni momento, eseguire una previsione costante: un secondo è uguale al secondo che lo ha preceduto, che sarà eguale a quello che lo succederà, che sarà eguale a quello che verrà dopo e così via.

Come le altre tre dimensioni, il tempo non ha un inizio (teoricamente, è convenzionalmente stimato sia il Big Bang e la nascita della realtà come noi la percepiamo), ma non una fine certa.

Il tessuto spazio-temporale
Una delle rappresentazioni più famose del tessuto spazio-temporale, che viene deformato da un corpo avente enorme massa (come un pianeta).
In realtà, questa rappresentazione è solo una mera approssimazione, comprensibile per il nostro ragionamento: lo spazio-tempo non è bidimensionale, ma quadridimensionale

Per la teoria della relatività, inoltre, il suo scorrere è relativo al sistema di riferimento preso per misurarlo: un dato sistema inerziale che si muove ad una certa velocità (inferiore a quella della luce) misurerà lo scorrere di dati eventi in un modo, mentre un altro dato sistema inerziale in accelerazione (possimo alla velocità della luce) misurerà lo scorrere dei suddetti dati eventi in un altro modo.

Questo perché il nostro Universo, almeno per quello che ad ora ne sappiamo, ha una velocità massima della propagazione dell’informazione: circa 300.000 Km al secondo.

Tale velocità è una costante (indicata convenzionalmente con la lettera c), ed è indipendente dalla condizione dell’osservatore o dalla sorgente di riferimento.

Questo limite insormontabile genera un evento curioso: la dilatazione del tempo.

L’effetto, ignorato dall’essere umano per millenni, in quanto a basse velocità di moto non è percepibile, è quello di un differente recepimento dell’informazione del tempo rispetto ad un evento che, teoricamente, dovrebbe essere eguale per tutti i sistemi.

Così non è: detto molto brevemente, sistemi che viaggiano a velocità prossime a quelle della luce vedono gli eventi esterni al loro moto scorrere molto più lentamente rispetto agli osservatori di un altro sistema che viaggiano a velocità più basse delle loro (come noi, abitanti del pianeta Terra).

Da qui, il concetto di relatività del tempo.

Va necessariamente fatto notare che, nella vita di tutti i giorni, la dilatazione del tempo non è percepibile in alcuna maniera e che quindi, realisticamente, giorno per giorno il tempo scorre, per noi esseri viventi su questo pianeta, sempre in egual misura.

Come si misura il tempo?

L'orbita della Terra attorno al Sole: l'eclittica
L'eclittica, ovvero l'orbita della Terra attorno al Sole.
In un anno siderale, la Terra compie una rivoluzione completa attorno alla propria stella, e questo genera un movimento apparente di quest'ultima sulla volta celeste, durante tutto l'anno.
Da un osservatore posto sul nostro pianeta ed, idealmente, sulla linea dell'equatore, sembra come se il Sole 'passasse' dentro determinate costellazioni, canonicamente dodici: è lo Zodiaco.
Quando l'astronomia è nata, millenni fa in cività molto vicine alla linea dell'equatore, il Sole dell'equinozio di primavera si trovava esattamente nel cielo dell'Ariete; per via della precessione degli equinozi ora non è più così, ma convenzionalmente s'intende ancora Ariete 0 come punto vernale

Come sopra detto, l’unico modo per misurare matematicamente lo scorrere del tempo è analizzarne gli effetti che questo ha sulla realtà che ci circonda.

Praticamente, dobbiamo prendere come riferimento un evento ciclico, ripetitivo in eguale misura e, possibilmente, con brevi intervalli.

Tanto più brevi sono gli intervalli, eguali e ciclici, che possiamo misurare, tanto più sarà precisa la misurazione totale del tempo trascorso.

Con ben inteso questo, è possibile prendere ad elemento di misura qualsiasi fenomeno che dia intervalli standard e ciclici: le fasi della luna, il sorgere od il tramontare del sole, le stagioni, il passaggio della Terra rispetto ad una stella di riferimento nella volta celeste, ecc ecc.

Ad ogni intervallo dello stesso evento, si può assegnare una certa unità di quantità, scelta secondo un dato standard, che diventerà quindi la misura del tempo.

Storicamente, le prime comunità di Homo Sapiens, ovviamente a corto di tecnologia e conoscenze specifiche, misuravano lo scorrere del tempo con gli intervalli degli astri, in particolar modo dei due astri più (apparentemente) grossi del cielo: Sole e Luna.

Il concetto di ‘giorno’ e quello di ‘notte’, e del loro conteggio, è il primo, storico tentativo dell’essere umano di misurare lo scorrere della dimensione temporale.

Ancora, l’intero percorso apparente del Sole durante l’anno tropico (l’eclittica, che è in pratica l’orbita terrestre) è stato storicamente e largamente usato da pressoché tutte le civiltà conosciute per definire il concetto di ‘anno’.

Oggigiorno l’uomo è in grado di misurare con notevole precisione pressoché qualsiasi evento, grazie all’utilizzo di strumenti d’intervallo molto più affidabili degli astri.

Le unità di misura del tempo


Un semplice conto alla rovescia di 10 minuti secondi.
Ogni intervallo, scandito dal contatore digitale, è ora calcolato su base atomica (precisamente, sul decadimento dell'isotopo di cesio-133), ma in passato l'intervallo di riferimento era calcolato come 1/86 400° del giorno solare medio

Secondo il Sistema Internazionale di Unità di Misura (abbreviato in SI), oggigiorno l’unica unità ufficiale atta a misurare lo scorrere del tempo è il minuto secondo, abbreviato usualmente in secondo e dal simbolo s.

Tale unità di misura ha origini antichissime: già gli astronomi Sumeri ne sono stati gli inventori, e probabilmente lo usavano correntemente nei loro eccezionalmente precisi calcoli astronomici.

È derivato, storicamente, dal giorno solare medio (ovvero la media ponderata di tutti i giorni di un anno tropico), e precisamente il minuto secondo equivale a 1/86 400° di tale giorno solare.

Sessanta minuti secondi compongono un minuto secondo, e sessanta minuti compongono un’ora solare.

A loro volta, 24 ore solari compongono un giorno (inteso come e notte), che poi equivale ad una rotazione completa, sul proprio asse, del nostro pianeta.

Questo sistema in base di 60, è stato inventato dai fisici e matematici Sumeri, e per un motivo molto semplice: paradossalmente (ed è strano crederlo, considerando che quella civiltà ha inventato la matematica), la loro scienza non aveva introdotto l’utilizzo dei numeri razionali, ovvero le divisioni.

Pare surreale, ma quello storico e glorioso popolo, a cui dobbiamo l’inizio del concetto di ‘civiltà’ per come la intendiamo ora, aveva grosse difficoltà a dividere gli interi.

Perciò, svilupparono il sistema sessagesimale: 60 infatti è un numero che, anche se tutto sommato piccolo, ha comunque molti divisori.

Ed è quindi molto utile se il concetto di ‘frazione’ non è stato sviluppato (o non implementato).

Per cui, dovendo scegliere come suddividere l’evento della rotazione della Terra, i matematici dell’epoca furono costretti ad utilizzare il loro sistema sessagesimale.

Le frazioni, ovvero il sistema grafico di rappresentare il rapporto tra due grandezze (ovvero, le divisioni)
I numeri razionali, qui proposti sotto forma di frazioni.
Come ci ricordiamo tutti avendolo appreso alle scuole elementari, sono numeri particolari: esprimono un rapporto tra due numeri interi, il secondo dei quali sempre differente da 0.
Nella linea infinita dei numeri, quelli razionali sono fondamentali, in quanto si posizionano, in numero infinito, tra due numeri interi, permettendo così la divisione tra di essi.
Molto curiosamente, la civiltà sumera, benché abbia inventato la matematica, sembrerebbe non esser stata a conoscenza dei numeri razionali: è questo il motivo per cui il loro sistema di calcolo non era a base 10 (come quello corrente che usiamo noi), ma 60: un numero intero naturale molto 'comodo', in quanto divisibile con molti divisori.

Sempre agli astronomi e matematici Sumeri si deve la suddivisione dell’anno tropico in 12 mesi.

Attualmente, benché i minuti e le ore non facciano parte del Sistema Internazionale, il loro utilizzo è tollerato per la vita comune data la fortissima riluttanza della gente ad abbandonare ciò che è standard de facto da millenni.

L'orologio atomico

L'orologio atomico
Un cluster di orologi atomici usato dalla marima militare statunitense

Ma la stima del minuto secondo basata sul giorno medio ha un problema di fondo, ben noto ai matematici di ogni epoca: il giorno solare medio non è costante nel corso dei secoli, ma cambia.

E cambia perché la Terra non esegue solo due movimenti (rotazione e rivoluzione), bensì tanti altri che, seppur non così immediatamente percettibili, esistono e, alla lunga, provocano cambiamenti sulla velocità di rotazione del pianeta.

Ancora, la costante attrazione gravitazionale del Sole, della Luna e degli altri corpi celesti che condividono il Sistema Solare, rende costantemente mutabile nel tempo la media del giorno solare.

Questo problema, grave perché è da sempre una vera e propria spina nel fianco dei matematici addetti alla stesura dei calendari, non ha una soluzione definitiva, e deve essere sempre corretto periodicamente.

Per trovare però un corrispondente di misura quanto più standard possibile, in modo da aiutare le correzioni periodiche dei calendari, si è dovuto attendere sino all’arrivo di un nuovo sistema di misurazione del secondo, non più basato sui mutevoli percorsi planetari dei corpi celesti, bensì su base atomica (quindi, fisica).

Parliamo degli orologi atomici, che sfruttano una particolare caratteristica dell’isotopo di cesio-133.

Tale isotopo, radioattivo, decade con una certa frequenza, altissima e molto, molto stabile.

Un secondo è stato quindi calcolato come ben 9 192 631 700 periodi della radiazione del cesio-133. Periodi dopo i quali l’elemento passa da un livello iperfino all’altro, decadendo.

Tale misurazione è divenuta standard, in quanto indipendente da ogni evento esterno, e quindi facilmente riproducibile in ogni laboratorio del mondo (opportunamente attrezzato).

Il secondo è definito come la durata di 9 192 631 770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra due livelli iperfini, da (F=4, MF=0) a (F=3, MF=0), dello stato fondamentale dell'atomo di cesio-133

Il primo orologio atomico nacque sul finire degli anni '60 e, attualmente, è usato da università e governi mondiali per coordinare esattamente il tempo civile.

Datosi che è ancora un apparecchio di dimensioni non facilmente trasportabili e decisamente costoso (troppo, per essere commercializzato per il pubblico), sono stati inventati i radiotrasmettitori del segnale: enormi antenne ripetitrici collegate agli orologi atomici che, ogni giorno, trasmettono l'orario esatto, calcolato dal precisissimo orologio atomico.

Tale segnale radio, poi, può essere ricevuto da qualsiasi apparecchio predisposto allo scopo.

Ecco che quindi sono stati messi in commercio innumerevoli orologi, sveglie e quant'altro che, con una piccola antenna integrata, riescono a prendere il segnale dal radiofaro di riferimento (per l'Europa, solitamente quello che trasmette da Francoforte) e, periodicamente, aggiustano l'orario dell'orologio (solitamente, un segnatempo al quarzo), rendendolo sempre estremamente preciso.

Un moderno orologio da polso digitale al quarzo con radiocontrollo
Un moderno orologio da polso digitale al quarzo con radiocontrollo

Come ogni unità di misura del Sistema Internazionale, anche il secondo ha multipli e sottomultipli, sempre secondo le potenze a base 10 del SI: millisecondo (10-3), microsecondo (10-6), nanosecondo (10-9), kilosecondo (103), megasecondo (106) e così via.

Caso a parte è invece la misurazione delle enormi distanze tra la nostra Terra e altri corpi celesti della Galassia (o dell’Universo).

In quel caso, anche se parliamo della dimensione della lunghezza, il secondo è comunque utilizzato, sotto forma di anno, per descrivere il tempo che i fotoni (quindi la luce) impiegano per raggiungere una certa distanza.

In quel caso si parla di anno luce e, sebbene sia una misura per calcolare distanze, è intrinsecamente collegata al tempo.

Anno tropico ed anno siderale

L'anno trpico terrestre
La rivoluzione attorno alla propria stella del nostro pianeta, considerata l'inclinazione dell'asse di rotazione, genera quattro particolari momenti di un anno: sono gli equinozi ed i solstizi che, storicamente, definiscono anche le stagioni di tutto il globo.
Un anno tropico è considerato il tempo necessario affinché la Terra passi tra due equinozi o solstizi dello stesso tipo

Abbiamo visto che ci vogliono sessanta minuti secondi per calcolare un minuto primo e che, a sua volta, un’ora è formata da altrettanti sessanta minuti primi.

La rotazione del nostro pianeta, la Terra, è effettuata in ventiquattro ore (un giorno), suddivise tra ore di sole (il ) ed ore senza sole (la notte).

Convenzionalmente, la rivoluzione terrestre attorno alla propria stella, il Sole, è effettuata in 365 giorni.

Datosi che l’asse della Terra non è perpendicolare al proprio piano di rotazione (l’eclittica), ma è inclinato mediamente tra i 22,5° ed i 25,5° (l’inclinazione cambia nel tempo, ogni circa 41 000 anni), ne consegue che non tutte le parti del pianeta , e non tutti i periodi dell’anno, hanno sempre le stesse quantità di ore di luce ed ore di notte.

Difatti, a seconda della latitudine dal diametro terrestre (l’equatore), cambia sia il clima metereologico che la durata, durante tutto l’anno, della radiazione luminosa.

A seconda della posizione del sole e la sua durata nel cielo nel corso dell'anno, quindi, si hanno quelle che comunemente sono chiamate stagioni.

L'equatore, i tropici ed i circoli polari
L'inclinazione dell'asse terrestre rispetto all'eclittica genera diverse zone immaginarie sul pianeta, che a loro volta generano un clima differente.
Ancora, suddividendo idealmente il globo in tante parti, tutte parallele alla linea dell'equatore, è possibile ottenere altri paralleli di riferimento, dove il sole si comporta in maniera specifica in certi momenti dell'anno: tropico del Cancro, tropico del Capricorno, circolo polare artico e circolo polare antartico.
Per convenzione, i paralleli si dividono sempre in gradi d'angolo, prendendo come punto di vertice il centro della Terra: i paralleli dell'emisfero boreale sono positivi, i paralleli dell'emisfero australe sono negativi. L'equatore è sempre il parallelo 0°, e pertanto non è né positivo e né negativo


Differenti parti del pianeta, sempre in ordine alla loro distanza dall’equatore, hanno differenti stagioni, per numero e per tipologia.

Datosi che la posizione solare nel cielo è vista come un moto apparente della stella (in realtà, è la Terra che ruota, ma dal nostro punto di vista è lo stesso), è possibile quindi suddividere le ore di luce in tanti gradi, considerando l’ideale angolo retto del Sole con la linea dell’orizzonte (apparente) come lo zenit.

Ancora, considerando la distanza enorme della Terra col Sole, i fotoni che ci arrivano dalla nostra fornace nucleare preferita sono considerati fonte posta all'infinito.

Idealmente, il Sole allo zenit non proietta ombre sulle superfici.

Il Sole si trova allo zenit reale solo in particolari zone del mondo, e solo in particolari momenti durante tutto l’anno: è allo zenit due volte l’anno nei Paesi che si trovano esattamente sulla linea dell’equatore, è allo zenit invece una volta l’anno nei Paesi che si trovano sulla linea del tropico del Cancro ed è allo zenit sempre una volta l’anno nei Paesi che si trovano sulla linea del tropico del Capricorno.

Il Sole allo zenit nella linea equatoriale determina gli equinozi, mentre il Sole allo zenit nella linea dei tropici determina i solstizi.

Equinozio
Due volte l'anno l'eclittica della Terra si incrocia con la linea dell'equatore, e si hanno gli equinozi.
All'equatore, gli equinozi generano un giorno diviso quasi esattemente in 12 ore di dì e 12 ore di notte.
A mezzogiorno dell'equinozio, sempre nei paesi equatoriali, un palo conficcato nel terreno non proietta alcuna ombra

Durante gli equinozi, nei Paesi dell’equatore la durata del dì e quella della notte sono idealmente eguali (escludendo i fenomeni di rifrazione della luce atmosferica, come alba e tramonto), ed una meridiana non proietta nessuna ombra.

A seconda del periodo in cui capitano, gli equinozi possono essere primaverili od autunnali.

Durante i solstizi, la Terra raggiunge il punto di massima o minima inclinazione rispetto al Sole, ed anche qui, quindi, avremo fenomeni simili agli equinozi per le zone del pianeta interessate.

Solstizio d'estate
Una volta l'anno il sole è allo zenit sulla linea del tropico del Cancro: è il solstizio di giugno (estivo per i paesi dell'emisfero boreale, invernale per quelli dell'emisfero australe).
Nei Paesi sulla linea del tropico, durante il sostizio, il Sole di mezzogiorno non proietta le ombre

Nel solstizio estivo, nei Paesi sulla linea del tropico del Cancro il sole è allo zenit, e comincia ufficialmente l’estate astronomica.

Durante il solstizio invernale, nei Paesi sulla linea del tropico del Capricorno il sole è allo zenit, e comincia invece l’inverno astronomico.

Ovviamente, datosi che la Terra ha due poli speculari, il boreale e l’australe, i solstizi in essi sono invertiti: quando è il solstizio estivo nell’emisfero boreale, è invernale in quello australe, e viceversa.

Solstizio d'inverno
Una volta l'anno il sole è allo zenit sulla linea del tropico del Capricorno: è il solstizio di dicembre (invernale per i paesi dell'emisfero boreale, estivo per quelli dell'emisfero australe).
Nei Paesi sulla linea del tropico, durante il sostizio, il Sole di mezzogiorno non proietta le ombre

Si chiama anno tropico il tempo che intercorre tra un equinozio (o solstizio) dello stesso tipo.

L’anno tropico è di fondamentale importanza nella cultura umana: per millenni, gli uomini hanno calcolato (e continuano a farlo) lo scorrere di grandi periodi di tempo per mezzo del calendario, che altri non è che un contatore (solare o lunare) dell’anno tropico.

Grazie alla misurazione su base 60 dei Sumeri, l’anno tropico riesce a contare gli intervalli temporali e quindi a scandire il corso degli eventi umani, misurandolo.

L’anno tropico è strettamente collegato al punto d’osservazione umano, che è la Terra e la sua volta.

Ma cosa succederebbe invece, realmente, da un ipotetico punto di vista esterno al pianeta?

Se prendessimo come misura di riferimento una stella, una qualsiasi stella di qualsiasi costellazione delle 88 osservabili dal nostro cielo, e volessimo comparare la sua posizione con in nostro pianeta durante tutto l’anno tropico?

Succederebbe che, calcolando il tempo solo con l’anno tropico, avremmo una lettura sbagliata, e la nostra stella di riferimento… Non sarebbe più tanto di riferimento, perché la sua posizione in rapporto alla volta celeste, dopo 12 mesi esatti, non sarebbe di nuovo quella di partenza, ma la troveremmo ‘sposata’ di un poco (sempre apparentemente).

Il motivo di ciò è che la Terra non impiega esattamente 365 giorni per compiere una rivoluzione completa attorno al Sole: ne impiega leggermente di più, ovvero 365 giorni, 20 minuti primi e 24,6 minuti secondi.

Il ritardo è dovuto al movimento di precessione dell’asse terrestre: esattamente come una trottola che gira, a cui viene applicata una forza sul proprio asse di rotazione, l’asse della Terra disegna, molto lentamente, un cerchio nella volta celeste. Questo, modifica costantemente l’inclinazione dell’asse e, di conseguenza, la nostra visuale del cielo.

Un giro completo di questo movimento, veramente lento, si ottiene in circa 28 500 anni.

Tale periodo è chiamato anno platonico, e l'origine del nome viene proprio dal grande filosofo e pensatore greco Platone che, per primo, ipotizzò che la volta celeste ritornasse eguale a come era in origine ogni tot numero d'anni.

Platone
Il grande Platone, raffigurato da Raffaello Sanzio nel celeberrimo affresco della Scuola di Atene.
Benché non fosse ovviamente a conoscenza del movimento di precessione, il leggendario filosofo aveva intuito che la volta celeste ruotava lentamente, spostando la posizione delle stelle considerate fisse

Ogni anno, di pochissimo, il movimento di precessione modifica il punto di osservazione terrestre rispetto ad una stella di riferimento sulla volta celeste; sembrerà quindi che, anno dopo anno, la stella di riferimento appaia nella stessa posizione del cielo un po’ prima rispetto al calendario tropico (esattamente, circa 20 minuti prima).

Alla lunga, secolo dopo secolo, se non si provvede con le opportune correzioni, giorni, mesi e stagioni dell’anno tropico non coincidono più con quello siderale.

Di 20 minuti in 20 minuti, si arriverebbe al punto che gli equinozi ed i solstizi capiterebbero in altri mesi rispetto a quelli conosciuti, ed i mesi invernali diverrebbero estivi.

Questo problema, peraltro conosciuto già dagli astronomi ed i matematici greci e romani, portò ad un serio problema mondiale sul finire del 1500 d.C., che andremo tra un po’ a vedere.

Il calendario

Il calendario: com'è nato, da cosa è derivato

Un calendario è un sistema di misurazione del tempo basato sul movimento di rivoluzione e rotazione della Terra, e la sua relazione rispetto ad altri corpi celesti (Sole, Luna, altre stelle).

L’intervallo di misurazione quindi usato è il movimento della Terra attorno al proprio sole, e tutte le conseguenze visibili che esso genera.

Esistono calendari solari, calendari lunari, calendari lunisolari e persino calendari galattici (ben poco usati, va detto).

Ogni calendario ha pro e contro, che lo rendono più o meno adatto all’uso per un determinato scopo.

La funzione principale di un calendario, per l’uso che serve all’uomo, è scandire con certezza i giorni, catalogandoli e raggruppandoli in mesi.

Questo, è utile per vari motivi: per il commercio, per la vita di tutti i giorni, per avere un punto di riferimento preciso ed affidabile per tutte le attività che necessitano sincronizzazione.

I calendari solari sono basati sull’anno tropico, e hanno il grande vantaggio di permettere la conoscenza anticipata, fissa, di equinozi e solstizi, che iniziano sempre nelle stesse date ogni anno. Le stagioni, quindi, sono sempre sincronizzate con i mesi.

Lo svantaggio principale, come detto in alto, è dato dalla discrepanza tra anno tropico ed anno siderale, causata dalla precessione degli equinozi. Tali calendari, quindi, necessitano di periodici ritocchi per rimanere sincronizzati con l’anno siderale.

Un esempio di questi calendari è quello usato correntemente in Italia e in quasi tutto il resto del mondo, ovvero il calendario gregoriano.

I calendari lunari, come il nome lascia intendere, prendono come intervallo di misura i movimenti dell’unico satellite naturale della Terra, la Luna.

La Luna ruota attorno alla Terra con tempi precisi (formando i cicli lunari), e compie una rotazione completa in 29 giorni solari e mezzo.

Il vantaggio di questi calendari è che si sa sempre con certezza quando inizia un nuovo mese (con la Luna nuova), i mesi seguono quindi sempre i cicli lunari con esattezza, ma la data di inizio delle stagioni cambia continuamente, spostandosi in avanti di anno in anno.

Datosi che i mesi si alternano di 29 e 30 giorni, è necessario, anche in questo calendario, eseguire dei ritocchi per mantenere sempre la sincronia dell’inizio del mese con l’inizio della luna nuova.

Un esempio di questo calendario è quello islamico.

I calendari lunisolari seguono sia l’anno tropico che i mesi lunari, e li mantengono sempre sincronizzati tra di loro.

Affinché ciò sia possibile, è però necessario aggiungere un mese all’anno, alternativamente (un anno di 12 mesi, un anno di 13).

Le stagioni iniziano con data differente a seconda del numero di mesi dell’anno, ma si mantengono sempre entro una certa quantità di giorni (12-13).

Un tipico esempio di calendario lunisolare è il calendario ebraico.

Il calendario: com'è nato, da cosa è derivato
La nostra galassia, la Via Lattea, come compare nel cielo stellato.
Datosi che la Terra è in posizione estremamente periferica rispetto alla galassia (che è di tipo a spirale), possiamo vederne soltanto una piccola parte

L'ultimo calendario possibile, veramente poco usato per motivi di praticità, è il calendario galattico.

Si basa sul presupposto che tutto il Sistema Solare (quindi il Sole, Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Nettuto ed Urano, oltre a tutti gli altri corpi celesti minoritari) ruotino attorno al centro della nostra galassia, la Via Lattea.

Esattamente, la Via Lattea è una galassia a spirale, ed il nostro sistema è situato alla periferia di uno dei suoi bracci.

Il calendario: com'è nato, da cosa è derivato
Una ricostruzione artistica di come, presumibilmente, si manifesta la nostra galassia vista... Da un'altra galassia.
Il puntino giallo, se riuscite a scorgerlo, indica la posizione del nostro sole: tutto il nostro Sistema Solare compie un intero giro attorno al centro della galassia in circa 250 milioni di anni

Al centro della galassia si presuppone vi sia un buco nero, oppure un qualcosa di comunque gigantesco, con una massa enorme capace di attrarre tutto il resto.

Il Sistema Solare quindi, come qualsiasi altra cosa presente nella galassia, ruota attorno a questo centro d'attrazione, e compie un giro completo in circa 225-250 milioni di anni (i tempi variano).

Data l'enorme quantità di tempo, in rapporto alla vita umana, è un calendario di nessun utilizzo pratico nella vita di tutti i giorni, ma è comunque un calendario e come tale va considerato.



Eracle poppa il latte da Era

Come mai la Via Lattea è chiamata con questo strano nome?

Beh, l'origine è da attribuire, come tante altre cose, del resto, alla sempre fantasiosa mitologia greca.

Ed in questo caso, si parla del più grande eroe di tutta la Grecia (e forse, del mondo allora conosciuto): Eracle.

Nato dal libertino e truffaldino rapporto di Zeus con la bella Alcmena, il bimbo fu subito inviso alla moglie ufficiale del padre degli dei, la vendicativa Era.

Tale dea, furiosa per l'ennesimo tradimento del marito e l'ennesimo figlio illegittimo, provò ad accoppare il piccolo Eracle fin dai primi giorni di vita, mandandogli due enormi pitoni nella culla per strangolarlo.

Ma il piccino, già forzuto da neonato, li strangolò lui, piuttosto.


Per evitare nuove sciagure dettate dall'odio di Era, Zeus pensò bene di rendere immortale il figliolo: lo prese così di nascosto una notte stellata, e lo portò su nell'Olimpo, a casa sua, mentre la moglie dormiva.

Lì, in gran silenzio, attaccò le labbra di Eracle al seno di Era, facendogli poppare il latte divino e rendendolo così immortale.

Ma Eracle poppò con troppa forza, cosicché Era si svegliò nel bel mezzo del misfatto.

Furiosa, corse appresso a Zeus con in braccio il piccolo Eracle per tutta la volta celeste; il pupo, non avendo finito la poppata, aveva ancora la bocca piena di latte divino, che sparse quindi per tutto il cielo: si era appena creata la Via Lattea (Milky Way è infatti il nome in inglese).

Se il tempo, inteso come dimensione percorribile solo in un senso, ha canonicamente inizio con l'inizio stesso dell'Universo, ma ha una fine indefinita, tutti i calendari, al contrario, determinano un preciso punto d'inizio nel computo degli anni, che viene solitamente contato progressivamente.

Tale data d'inizio varia da calendario a calendario, e solitamente coincide con un fatto storico (o religioso) molto importante per la popolazione che lo usa.

Gesù il Cristo
Uno scatto preso da 'La Passione di Cristo', che narra, in maniera romanzata ma plausibile, gli ultimi istanti di vita di Joshua di Nazaret, riconosciuto dai credenti cristiani come il Cristo (l'Unto), messia ed incarnazione diretta del dio degli ebrei (Javé).
La sua nascita è stata presa come anno 0 grazie al lavoro certosino del monaco Dionigi il Piccolo, che introdusse appunto l'Anno Domini (anno del Signore) che ancora oggi usiamo nel calendario gregoriano: gli anni prima della venuta del Cristo si contano a ritroso, ponendo davanti a.C. (ante-Cristo) all'anno; gli anni dopo la venuta del Cristo si contano progressivamente, ponendo davanti d.C. (dopo-Cristo) o A.D. (Anno Domini) prima della data. Tale metodo di conteggio è ancora in essere per via della grande praticità di usare un 'anno 0' (a prescindere dalla fede religiosa o meno) per suddividere lunghe ere di tempo, come i millenni

Ad esempio, prima della riforma di Dionigi il Piccolo, il vecchio calendario giuliano contava gli anni a partire dalla (approssimativa) fondazione di Milano, e quello gregoriano, invece, conta gli anni dalla nascita del Cristo; il calendario islamico, invece, conta gli anni a partire dall'Egira di Maometto e dei primi musulmani, mentre quello ebraico addirittura conta gli anni dalla presunta data di creazione (della Terra e dell'uomo) di Dio, stimata dalla tradizione rabbinica ad oltre 5000 anni fa.

Maometto inizia l'Egira: si crea il primo Stato Islamico
Iconografia classica del profeta Mohammed, come vuole la tradizione col viso coperto (perché non è considerato onorevole ritrarre direttamente il viso del Profeta, per i credenti islamici).
Il calendario islamico conta gli anni a partire dall'Egira, ovvero la migrazione che il Profeta compì dalla natìa Mecca verso le altre parti della penisola araba, in compagnia dei suoi seguaci, i neo-musilamni che avrebbero poi fondato la prima sunna (comunità islamica)

Il calendario dei Maya, invece, è interessante per un motivo: non va propriamente in progressione perenne, ma conta gli anni raggruppati in ere.

Ogni era conta oltre 5000 anni (5125, per l'esattezza), e quella attuale sarebbe la quinta. Va da sé che, sempre secondo tale calendario, l'inizio delle ere è avvenuto nel 18490 a.C. circa, tradotto in data del calendario gregoriano.

L’anno bisestile

Nel 49 a.C., il grande astronomo greco Sosigene d’Alessandria ricevette un incarico molto importante dall’uomo (allora) più potente del mondo conosciuto: Gaio Giulio Cesare, Imperatore di Milano.

Il compito non era facile: a Roma, ormai superpotenza assoluta, dall’Oceano Atlantico al Mar Nero, serviva un nuovo ed efficiente calendario per gestire un così gigantesco territorio.

Il semplice e per certi versi rozzo calendario romano, basato sui cicli lunari (di soli 10 mesi, in quanto i mesi invernali non venivano contati) non era considerato più affidabile, e quindi Giulio Cesare, indaffarato nel gravoso compito di far diventare la Repubblica un impero, si decise ad affidarne la creazione di uno nuovo proprio chiamando in causa Sosigene, che all’epoca era uno degli astronomi più popolari in circolazione.

Il grande astronomo ci si mise di buona lena, e decise di improntare il nuovo calendario basandosi sul più comodo anno tropico, invece dei cicli lunari.

Divise quindi l’anno in 12 mesi, che chiamò così:

1. Ianuarius
2. Februarius
3. Martius
4. Aprilis
5. Maius
6. Iunius
7. Quintilis
8. Sextilis
9. September
10. October
11. November
12. December

Alcuni nomi dei mesi erano ripresi direttamente dal vecchio calendario Milanono, altri vennero aggiunti ex novo.

L’anno nuovo partiva sempre con Ianuarius (gennaio), e tutti i mesi contavano 30 o 31 giorni (fissi per mese, ogni anno), tranne Februarius (febbraio) che ne contava 28.

Per ovviare al problema atavico della discrepanza tra anno tropico ed anno siderale, Sosigene ebbe un’intuizione geniale: ‘rallentare’ periodicamente l’anno tropico, troppo veloce di circa 20 minuti l’anno rispetto a quello siderale, aggiungendo un giorno in più ogni tot numero d’anni. Esattamente, negli anni in cui la numerazione è multipla di quattro, va aggiunto il giorno aggiuntivo.

Datosi che, all’epoca, i romani non contavano i giorni progressivamente, ma ‘a scalare’ da certe festività e ricorrenze fisse mensili (none, idi, calende, originariamente calcolate sul ciclo della luna), il giorno aggiuntivo del mese di Februarius sarebbe caduto nelle calende di Martius.

I romani usavano contare i giorni ‘tutto compreso’, quindi includendo anche il giorno di partenza, e l'anno aggiuntivo sarebbe stato aggiunto alla settimana delle calende di Marzo, ed il ‘sexto die’ sarebbe quindi diventato ‘septimo die’.

Il problema è che i romani contavano ‘a scalare’ quindi non era possibile far seguire il ‘sexto die’ dal ‘septimo die’ (sarebbe stato illogico).

Quindi, l’anno aggiuntivo fu chiamato ‘bis sexto die’, che è il nome che comunemente usiamo oggi: bisestile, appunto.

L’aggiunta di un giorno ogni quattro anni riequilibra molto l’allineamento del calendario con l’anno siderale, con una discrepanza di soli 11 minuti e 14 secondi ogni 28 anni.

Una precisione estremamente accurata, per l’epoca.

Ma 11 e 14 secondi minuti sono circa 1/100 di giorno, per cui ogni 128 anni circa il calendario giuliano accumula un giorno d’errore, anticipando gli equinozi.

Quest’errore era chiamato ‘la centesima’, ed era un problema ben noto agli astronomi del medioevo.

Anche lo stesso Dante Alighieri ne era a conoscenza:

«Ma prima che gennaio tutto si sverni
per la centesma ch’è là giù negletta»

(Paradiso XXVII, 142-143)

Che, tradotto in Italiano attuale, varrebbe a dire:

«Ma prima che gennaio diventi un mese primaverile (si sverni, appunto)
per la centesima
(ovvero l’anticipo di 1/100 di giorno all’anno) che viene trascurata»

Dante Alighieri
Il Sommo Poeta, padre della bella lingua italiana ed universalmente riconosciuto come uno dei più grandi (se non il più grande) letterati di tutta la storia umana. La sua "Commedia" (fu un altro genio assoluto, il Boccaccio, a rinormarla "Divina") è l'opera omnia di inarrivabile bellezza, che parla agli uomini dell'epoca come agli uomini di oggi, e che fonde tutto lo scibile umano in un'armonia di terzine perfetta, ancor oggi ineguagliata.
Genio a tutto tondo e uomo di cultura sopra ogni standard, anche odierno, dimostrò di avere precise nozioni di astronomia e geografia: fu grazie alle sue descrizioni del mondo ultra-terreno che fu possibile sapere con esattezza che la gente dell'epoca, al contrario di quel che si pensa oggi, sapeva perfettamente che la Terra fosse un globo, così come già si considerava il mondo diviso in due emisferi eguali, tagliati in due dalla linea dell'equatore

Nel corso degli anni, gli imperatori di Milano cambiarono il nome ad alcuni mesi del calendario: il mese di Quintilis divenne luglio (in onore di Giulio Cesare), mentre Sextilis divenne agosto (in onore di Ottaviano Augusto).

Costantino il Grande introdusse la canonica settimana di sette giorni, che tutt’ora usiamo, e cambiò il tradizionale giorno di riposo (il sabato) con la domenica, in passato giorno dedicato al dio Sole e, con l’avvento del Cristianesimo come religione ufficiale dell’impero, ora dedicato invece al Cristo.

Con l’avvento dei Visigoti nella penisola italica, e la caduta de facto dell’Impero Romano d’Occidente, le genti dello Stato ormai in degrado persero l’abitudine di contare i giorni ‘a scalare’, e passarono alla numerazione progressiva, usata per l’appunto dagli invasori barbari, che ancora oggi utilizziamo.

A parte questa modifica, più concettuale che strutturale, il calendario giuliano rimase utilizzato da pressoché tutte le popolazioni europee (ed americane, in seguito alla conquista delle Americhe degli europei) fino a quasi tutto il 1500.

Papa Gregorio XIII e la precessione degli equinozi

Papa Gregorio XIII ed il calendario gregoriano
Papa Gregorio XIII, in uno dei suoi ritratti più famosi.
Fu alla preoccupazione del Pontefice per il disallineamento dell'anno tropico con quello siderale, e ad i suoi sforzi per porne rimedio, che ancor oggi utilizziamo un efficiente e sincronizzato calendario

Sul finire del 1500, quindi dopo quasi 1600 anni dalla sua introduzione ufficiale, il calendario giuliano era ancora usato in pressoché tutti gli Stati e le nazioni europee, ed anche nelle colonie americane.

Tuttavia, l’errore della centesima parte di giorno all’anno che esso comportava rispetto all’anno siderale, aveva portato ad un fatto curioso: le date degli equinozi e dei solstizi non coincidevano più con i consueti mesi dell’anno tropico.

Per la precisione, in quasi 1600 anni si era accumulato un errore di circa due settimane: l’equinozio astronomico della primavera, data fondamentale per il calcolo della Pasqua cristiana, capitava ben oltre il 22 o 23 marzo, ad aprile inoltrato (astronomicamente parlando).

Papa Gregorio XIII, all’epoca Pontefice Massimo dello Stato Pontificio, intuì che, di quel passo, in pochi secoli la Pasqua sarebbe stata celebrata quasi in estate.

Nel 1582 quindi, il Pontefice non badò a spese, e radunò a Roma il fior fiore dei matematici e degli astronomi europei: Cristoforo Clavio, Giuseppe Scala, Ignazio Danti solo per citarne alcuni.

Per ricalcolare con la massima precisione possibile sia l’anno tropico che l’anno siderale, ormai totalmente scoordinati, fu necessario ricorrere alle effemeridi di Niccolò Copernico, pubblicate pochi decenni prima (nel 1543, l’anno della morte del grande astro-fisico polacco).

I lavori non furono facili, e soprattutto furono dettati dall’estrema urgenza della situazione: due settimane di anticipo delle stagioni sul calendario comportavano grandi disagi per società ancora basate principalmente sulla pastorizia, l’agricoltura e la viticoltura; attività dove conta moltissimo sapere sempre con esattezza l’inizio delle stagioni.

Le modifiche al calendario giuliano, per sopperire all’errore della decima, furono essenzialmente due: la prima fu il ricalcolo degli anni bisestili.

Secondo il calendario stilato da Sosigene, sono bisestili gli anni in cui la numerazione è multipla di quattro.

Sul breve periodo, l’anno tropico medio così contato da un margine d’errore limitato, ma abbiamo visto che sul lungo periodo, tale metodo di conta dell’anno bisestile è effettivamente fallace: l’anno tropico medio recupera troppo in fretta il ritardo con quello siderale, e quindi, sui secoli, anticipa interi giorni.

Si decise quindi di modificare il computo degli anni bisestili: secondo la nuova regola, negli anni in cui la numerazione è multipla di cento (i famosi ‘centenari’), si applica il giorno bisestile se e solo se tali anni sono anche multipli di 400.

Gli anni con la numerazione multipla di 4 rimangono sempre bisestili, senza variazioni.

In questo modo l’anno tropico gregoriano è mediamente più corto, rispetto a quello giuliano, di 10 minuti e 48 secondi.

Quindi, il margine di discrepanza con l’anno siderale medio è di soli 26 secondi, ovvero un solo giorno ogni 3.323 anni.

Un margine di precisione considerato eccellente anche ai giorni nostri.

Sistemato l’errore della decima, rimaneva però un altro problema: bisognava necessariamente riallineare il nuovo calendario con l’effettivo stato delle stagioni (ricordiamo che si era ancora di circa due settimane in anticipo).

Con la famosa bolla papale Inter gravissimas emanata da Gregorio XIII il 24 febbraio del 1582, si stabilì che il calendario giuliano sarebbe stato abolito, e sostituito con il nuovo calendario gregoriano, che prende appunto il nome del grande pontefiche che lo volle ideare.

Ancora, per riallineare l’anno tropico e l’anno siderale, col minimo impatto possibile sulle genti, si decise che il 5 ottobre 1582 del calendario giuliano sarebbe diventato direttamente il 15 ottobre del nuovo calendario gregoriano.

Il nuovo calendario entrò ufficialmente in vigore il giorno dopo il 4 ottobre del calendario giuliano: si passò direttamente al 15 d’ottobre, riallineando così l’anno tropico a quello siderale.

Il calendario gregoriano entrò in vigore immediatamente in tutti gli Stati cattolici dell’Europa: Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Polonia, Lituania, Belgio, Paesi Bassi, e piano piano poi tutti gli altri Stati europei, anche non cattolici, lo adottarono come standard.

Sul finire del 1800, praticamente tutti gli Stati del mondo lo avevano adottato ufficialmente.

Oggigiorno è il calendario ufficiale in tutto il mondo, oppure è comunque co-calendario ufficiale laddove vi siano altri calendari rimasti in essere per motivazioni religiose (ad esempio, i paesi islamici od Israele) o culturali (l’India).

Il tempo medio di Greenwich ed il giorno solare medio

Il meridiano primo di Greenwich
Monumento commemorativo a Greenwich.
Sul pavimento, in corrispondenza dell'ideale meridiano di riferimento, è stata posta una barra metallica: è il meridiano primo, che coordina tutti i fusi orari dell'intero mondo!

Abbiamo visto che la Terra compie una rotazione attorno al proprio asse in 24 ore, alcune illuminate ed altre notturne, che sono corrispondenti al tempo di un giorno.

Abbiamo anche visto che il suddividere la giornata in ore eguali da 60 minuti è un'invenzione della matematica sumera, che ancor oggi è utilizzata.

Non abbiamo ancora accennato però ad un piccolo particolare di fondamentale importanza: l'ora giornaliera è direttamente proporzionale al punto in cui si è sul pianeta che gira.

Detto molto più semplicemente: se il sole raggiunge il punto massimo di elevazione nel cielo a Milano (mezzogiorno, detto anche la meridiana), sicuramente avrà una differente posizione celeste a Shangai.

Va da sé che, detto ancora più semplicemente, parti del mondo differenti hanno differenti posizioni del sole nello stesso momento, e quindi ore differenti.

Ancora, è lecito osservare che mentre in alcune parti del mondo è pieno giorno, in altre è per forza notte.

Come fare, quindi, per riuscire a capirci quando, a lunghe distanze, dobbiamo sincronizzare i nostri sforzi?

Il problema cominciò ad avere rilevanza considerevole all'aumentare degli scambi culturali e commerciali nel mondo colonizzato dall'Impero Britannico: erano disponibili orologi meccanici abbastanza affidabili, ma l'inghippo dei differenti orari nelle differenti colonie dell'impero era considerevole.

Il problema non riguardava solo gli inglesi, comunque all'epoca vera e propria macchina da guerra economica mondiale, ma un po' tutti i Paesi d'Europa e delle colonizzate Americhe: basti pensare che, fino alla fine del 1800, posti relativamente molto vicini come Milano e Milano avevano ancora orari differenti.

Ogni Paese aveva un meridiano di riferimento, spesso in contrasto con quello di altri paesi vicini. I risultati erano di un'enorme confusione quando ci si doveva mettere d'accordo su un orario ed una data precisa.

Il giorno solare vero ed il giorno solare medio

Se puntassimo un bastone in un qualsiasi punto della Terra percorso dalla linea dell'equatore nel momento di uno dei due equinozi annuali, noteremmo un fatto curioso: tale bastone, quando il Sole è alla massima altezza possibile del cielo (ovvero, al mezzodì) non proietterebbe alcuna ombra. Sarebbe quindi allo zenit, ed i suoi raggi verrebbero quindi proiettati perfettamente perpendicolari.

Cambiando la latitudine, sia positivamente che negativamente, il Sole non riuscirebbe più a raggiungere lo zenit preciso al mezzogiorno, ma avrebbe una massima altezza (sono i tropici), per poi abbassarsi sempre più, fino a non riuscire più neppure a alzarsi dall'orizzonte (i circoli polari).

Tutto questo, ricordiamo, è sempre per via dell'inclinazione dell'asse terrestre, obliquo rispetto all'eclittica.

Ritornando al nostro bastone piantato nel terreno, con in mente il percorso apparente del Sole sopra descritto, viene subito da pensare una cosa: che tale bastone, qualsiasi posto sia puntato, vedrà sempre proiettata la propria ombra dal Sole istantaneamente.

Dall'alba, ora dopo ora, l'ombra si sposterà in funzione della posizione solare, fino a quando non giungerà il tramonto, ed il Sole sparirà dietro la linea dell'orizzonte.

Si dice allora che il bastone segna il giorno solare vero, in quanto proietta sempre l'ombra in tempo reale, assecondando il movimento della Terra che gira attorno al proprio asse.

Tale movimento, che poi è il movimento di rotazione, teoricamente dovrebbe essere sempre costante, e l'orologio solare sotto forma di bastone dovrebbe, sempre teoricamente, spostarsi tra le ore tutti i giorni alla stessa velocità.

Così però non è: per colpa delle continue attrazioni gravitazionali di Sole e Luna (e degli altri corpi celesti, sebbene in misura decisamente minoritaria), la velocità di rotazione della Terra frena di pochissimo ogni anno che passa.

Esattamente, il pianeta rallenta di 1,7 millisecondi al secolo.

Questo impercettibile ritardo è comuque sufficiente a spostare il giorno solare vero, sia avanti che indietro, di circa 16 minuti di anno in anno, comparato ad un movimento ritmico di un orologio meccanico.

Per questo motivo, nel corso dei secoli, differenti Paesi hanno ideato un tempo fittizio, adatto ad essere cronometrato da un segnatempo.

Tale tempo fittizio risulta una media di tutti i giorni dell'anno solare, ed è chiamato giorno solare medio. Tale giorno solare, essendo appunto una media, è uguale tutto l'anno, tutti i giorni; necessita però di modifiche periodiche, per tenerlo sincronizzato con il giorno solare vero.

Il giorno solare vero ed il giorno solare medio
Un semplice grafico che illustra la differenza tra giorno solare vero e giorno solare medio.
Il sole giallo è il sole vero, mentre il sole blu è un sole immaginario, che chiameremo 'sole medio': tale astro del tutto inesistente è però matematicamente coerente, quindi è adatto per essere calcolato come reale.
Al contrario del sole vero, che si muove con differenti velocità durante tutto l'anno, il sole blu invece si muove sempre alla stessa velocità, ed è quindi adatto per essere cronometrato da un orologio meccanico

Come con l'inghippo dei meridiani, però, quasi tutti i Paesi avevano un loro giorno solare medio, rendendo la coordinazione di date e tempo un affare complicato.

La soluzione fu trovata a Washington D.C., nel 1884, nella Conferenza Internazionale dei Meridiani, quando fu deciso in maniera univoca da tutti i Paesi presenti il meridiano fondamentale, su cui basare uno ed un solo tempo coordinato.

Il meridiano fondamentale: il meridiano primo

Il meridiano fondamentale: meridiano primo
I meridiani del mondo, che si incrociano con l'equatore.
Il meridiano fondamentale, o meridiano primo, è tracciato in rosso: tutti i fusi orari di tutti gli altri meridiani sono sincronizzati con quest'ultimo

Immaginiamo, un po' come abbiamo fatto con i paralleli, di dividere la Terra a spicchi, stavolta con delle linee immaginarie esattamente perpendicolari all'equatore, passanti ognuna per i due poli.

Immaginiamo anche di disegnare queste linee ogni ora, esattamente una ogni ora che passa della giornata, assecondando il movimento di rotazione naturale della Terra.

Partiamo convenzionalmente a mezzogiorno, col Sole alla massima altezza possibile per la nostra posizione, ed inziamo a tracciare le linee una ad una, ora per ora, fino al mezzogiorno del giorno successivo.

Quante linee avremmo dunque tracciato, alla fine del giorno trascorso?

Non è difficile intuirlo: esattamente 24, che corrispondono alle ore necessarie alla Terra per compiere una rotazione completa attorno al proprio asse.

Abbiamo dunque appena creato i meridiani, ovvero le linee immaginarie che, perpendicolari all'equatore, suddividono la Terra in tanti spicchi, di eguale dimensione, tanti quanti sono le ore in un giorno.

Come è semplice da pensare, ogni spicchio tracciato dai meridiani corrisponderà ad una particolare ora, quindi alla posizione del sole nel cielo.

In tutto il mondo quindi, contemporaneamente, ci sono 24 ore differenti, chiamate fusi orari.

Una volta deciso che nel mondo ci sono 24 fusi orari, viene automatico da pensare subito ad un problema: come possono essere sincronizzati tutti allo stesso momento, rispettando il tradizionale rapporto 'ora=momento della giornata' in uso presso la popolazione?

Vale a dire: se a Milano è mezzogiorno, quindi le ore 12.00 in punto, a Sidney che invece sta al buio, che ore saranno? Ovviamente, non potrà mai essere mezzogiorno...

Anche perché, essendo Italia e Australia quasi agli antipodi, nella grande isola australe sarà quasi sicuramente notte.

La mappa dei fusi orari
I fusi orari nel mondo: le parti illuminate corrispondono al dì, e le aree scure, invece, sono le zone notturne

Come fare quindi, per sincronizzare i tempi differenti?

È necessario un meridiano di riferimento, con un fuso orario di base, che possa essere usato per sincronizzare tutti gli altri.

Datosi che i meridiani, al contrario dei paralleli, sono tutti eguali per lunghezza, prenderne uno od un altro ancora come fondamentale è questione squisitamente di preferenza, e non di utilità.

Questo, in passato, ha generato conflitti e tensioni tra i vari Paesi del mondo, tutti pronti a reclamare, per i motivi più disparati (alcuni, veramente risibili) l'adozione del loro meridiano fondamentale, a discapito degli altri.

Il problema fu definitivamente risolto nella citata Conferenza Inrernazionale dei Meridiani, dove i venticinque Paesi invitati, ad eccezione di Francia e Brasile che si astennero, decisero che il meridiano fondamentale sarebbe stato quello passante per il famoso osservatorio astronomico di Greenwich, in Inghilterra, che sarebbe quindi diventato il meridiano fondamentale di riferimento (meridiano primo).

Tale meridiano avrebbe sempre segnato l'ora di base, e tutti gli altri meridiani ad est avrebbero avuto longitudine positiva, mentre quelli ad ovest, negativa (180° positivi e 180° negativi). Per ogni fuso orario verso est, si aggiungeva un'ora al meridiano primo, invece si toglieva un'ora se si viaggiava verso ovest (e questo, per rispettare la rotazione terrestre).

Il nuovo tempo coordinato fu chiamato Greenwich Mean Time (Tempo Medio di Greenwich), abbreviato in GMT.

Per calcolare un fuso orario, valido in ogni parte del globo, semplicemente si prendeva l'ora del meridiano primo e si sommava, o sottraeva, il numero totale dei meridiani che lo separavano dal luogo in cui si voleva calcolare il tempo. Ogni meridiano, un'ora.

Quindi, un posto con GMT+1 indicava Milano (e l'Italia in generale): se a Greenwich erano le ore 11.00 anti-meridiane, a Milano era mezzogiorno in punto (+1 ora, ovvero un meridiano).

Se la somma o la differenza dei meridiani andava oltre il giorno corrente, si passava al giorno successivo, o precedente.

Rolex GMT Master
Un modello di orologio divenuto ormai un classico: il Rolex GMT Master.
Oltre le classiche sfere di ore, minuti e secondi, sui può notare una quarta: è la sfera del GMT, che può essere puntata sull'ora del meridiano primo, per sapere quindi sempre con esattezza il fuso orario del luogo in cui ci si trova

L'Universal Time Coordinated ed il Network Time Protocol

Rolex GMT Master
La mappa dei fusi orari dell'UTC. Tale mappa corrisponde, salvo piccole modifiche, a quella del precedente GMT.
Per praticità d'utilizzo nella vita di Paesi con ampi territori, od ampie distese d'acqua, alcuni meridiani hanno una traeittoria non lineare, per permettere a posti vicini di avere sempre lo stesso orario UTC

Abbiamo visto che, grazie all'adozione di un meridiano di riferimento, è stato possibile, per tutti i Paesi del mondo, avere finalmente un tempo sincronizzato.

Abbiamo anche visto che il GMT si basa esclusivamente, però, sulla pura rotazione terrestre, e su un solo giorno solare medio che, idealmente, dovrebbe rimanere stabile.

Il giorno solare medio del GMT è calcolato esclusivamente su base astronomica, calcolando il tempo di rotazione della terra nel corso dell'anno e facendone la media, e come tale ha un problema di fondo: è matematicamente incerto, perché la velocità di rotazione terrestre cambia senza seguire un tempo ciclico.

Il giorno medio solare GMT, quindi, necessita di continui ritocchi con secondi extra: cosa di non facile attuazione, senza l'aiuto dell'informazione automatica e delle reti di dati.

Gazie all'avvento dei precisissimi orologi atomici, sul finire degli anni '60 del 1900 si è potuto ideare il Tempo Universale Coordinato (UTC), che ha preso il posto del GMT ma che ad esso coincide (con piccolissime variazioni ininfluenti sul vivere quotidiano).

Il giorno solare medio non è più calcolato astronomicamente, ma viene continuamente misurato da enormi cluster di orologi atomici, sparsi un po' in tutto il mondo, e sincronizzati sempre tra di loro.

Calcolare il giorno solare medio con la precisione atomica e sincronizzarlo tramite rete dati porta numerosi vantaggi, tra i quali non essere più costretti ad affidarsi solamente alle misurazioni astronomiche (che possono generare errori e non sono di semplice calcolo), la riproducibilità dell'unità di misura del secondo (calcolata su base fisica, quindi replicabile in qualsiasi laboratorio mondiale) e, soprattutto, la facilità e l'immediatezza con la quale si può interventire, in tempo reale, per riallineare il giorno solare medio al giorno solare vero.

La sigla UTC prende il posto di GMT, mentre il meridiano primo continua ad essere sempre quello di Greenwich, così come tutti gli altri meridiani e le regole del calcolo del fuso continuano ad essere le vecchie.

Il vantaggio dell'UTC, chiamato anche tempo civile, rispetto al GMT è però che il nuovo sistema può essere accelerato o rallentato in qualsiasi momento, assecondando la velocità di rotazione terrestre. Grazie alla sincronizzazione tra li orologi atomici di tutto il mondo, le modifiche sono istantanee, e si ripercuotono su tutti i fusi orari nello stesso momento.

Il secondo aggiuntivo, quando necessario, è solitamente immesso il 30 giugno od il 31 dicembre, ed è chiamato secondo intercalare.

L'UTC, entrato ufficialmente in utilizzo il 1° gennaio 1972, è il tempo standard ufficiale in tutti i Paesi del mondo, nonché il tempo di riferimento di molti processi e servizi, come ad esempio il World Wide Web (e qualsiasi altro servizio dell'Internet, in generale).

Datosi che spesso e volentieri l'orologio interno (al quarzo) di un generico calcolatore è di scarsa precisione, UTC è usato come base di riferimento da pressoché tutti i computer e dispositivi elettronici per calcolare esattamente data ed ora, grazie al protocollo NTP, ovvero Network Time Protocol (Protocollo del tempo della rete).

Il Professor David Mills
Il Professor David Mills, genio dell'informatica e membro del famoso progetto ARPA, che sarebbe poi divenuto l'Internet che tutti conosciamo.
Inventò il protocollo NTP nel 1981, ed è proprio grazie al suo lavoro che i nostri computer, smartphone, talbet e smartwatch sono sempre sincronizzati sul tempo esatto


Sviluppato dal Professor David Mills, il protocollo sfrutta una delle peculiarità della commutazione dei dati a pacchetto, ovvero la cadenza di commutazione, per correggere sempre l'orario interno di un generico calcolatore, sincronizzandolo permanentemente con un server specifico, che a sua volta è sincronizzato con l'ora civile UTC.

Grazie al protocollo NTP, i nostri calcolatori, smartphone, tablet e smartwatch, se dotati di adeguata connessione all'Internet, sono sempre sincronizzati col tempo preciso, senza bisogno di regolazione manuale.

time.euro.apple.com
Esempio d'integrazione del protocollo NTP in OS X 10.10: l'ora esatta è automaticamente presa dal server time.euro.apple.com, che a sua volta è collegato alla rete di orologi atomici che manda il segnale UTC

La suddivisione delle ore

Un quadrante di orologio con ore ultramontane
Un classico quadrante analogico di orologio ad ore ultramontane.
Il mezzodì e la mezzanotte sono sempre posti in alto, le ore sei dabbasso, e le ore tre e nove ai lati.
Possono essere usati numeri romani, come in questo caso, numeri arabi oppure semplicemente dei segnatori, senza numeri.
Per convenzione, le sfere ruotano sempre verso destra (movimento orario, per l'appunto)

Abbiamo visto che molti anni fa, prima della diffusione capillare degli orologi, nelle antiche comunità umane lo scorrere del tempo, e le attività che esso riempivano, era scandito da intervalli basati sui cicli naturali: alba e tramonto, fasi della luna, stagioni.

Le comunità quindi, erano relativamente semplici, e la sincronizzazione della vita degli uomini seguiva i ritmi forzati della natura.

La stra-grande maggioranza della popolazione mondiale, a prescindere dal luogo di sviluppo di una data comunità, aveva essenzialmente due attività fondamentali, imperative, che ne permettevano la sussistenza: l'agricoltura e la pastorizia (che, difatti, ancor oggi sono chiamati settori primari).

I contadini ed i pastori si svegliavano sempre poco dopo l'alba, ed in genere lavoravano fino al tramonto.

Va da sé che, considerato il fatto delle stagioni, matematicamente la gente lavorava molto più in estate che in inverno, e questo per via della tenuta del Sole nel cielo: nell'equinozio di primavera fino al solstizio d'estate, le ore di sole sono maggiori che dall'equinozio d'autunno sino al solstizio d'inverno.

Abbiamo già accennato al fatto che furono i sumeri, per primi, a dividere il giorno in 24 ore da 60 minuti, ma non abbiamo ancora parlato di come, in effetti, queste ore venivano numerate e posizionate dalla gente.

Ancora, non s'è discusso di quando, esattamente, le genti del passato dichiaravano l'inizio di un giorno: all'alba? Al tramonto?

Di modi per numerare le ore e definire esattamente il passaggio di un giorno ce ne sono stati tanti, prima di arrivare ad un accordo internazionale, che tutt'ora usiamo.

Ad esempio, le popolazioni d'Israele, all'epoca comunità molto semplici, considerevano l'inizio del giorno nuovo dopo il tramonto (esattamente: appena nel cielo si vedevano tre stelle di differente misura), e suddividevano le ore solari in maniera approssimativa: 12 parti dell'arco solare, suddivise egualmente.

Questo sistema, chiamato ad ore canoniche, sebbene di semplice ideazione e di immediata comprensione, ha il grandissimo svantaggio della continua variazione dell'ora (non più di 60 minuti) durante tutto l'anno tropico. In estate le ore sono più lunghe (il cielo tiene di più il Sole), mentre in inverno sono molto più corte.

Ciò evidentemente non era un problema per società semplici come quelle ebraiche di un tempo, ma oggi sarebbe considerato inaccettabile.

I romani, invece, avendo assimilato ed inglobato gran parte della cultura greca, presero da essa anche il modo di calcolare l'inizio del giorno e le ore: dall'alba, con numerazione eguale e progressiva (ora prima, ora seconda, ora terza, ecc ecc.).

Questo sistema aveva il vantaggio di assegnare sempre ore di eguale durata, ma aveva lo svantaggio di veder cominciare l'inizio della conta delle ore perennemente in movimento nel corso dell'anno tropico.

L'orologio di Paolo Uccello
Il famoso e bellissimo orologio di Paolo Uccello, recentemente restaurato: il quadrante segna le ore italiche

Dalla caduta dell'Impero Milanono d'Occidente in poi, e sino al 1800 circa, in quasi tutti i Paesi europei si utilizzò l'ora italica: giorno sempre suddiviso in 24 ore di eguale durata, ma il giorno nuovo e la numerazione progressiva delle ore partiva dal tramonto, e non dall'alba.

Questo sistema aveva il grande vantaggio di far sapere con esattezza alla gente quanto mancava al tramonto, e quindi di quante ore di luce ancora si disponesse per lavorare: bastava sottrarre l'ora del momento al numero 24, e si otteneva l'esatto tempo che restava per lavorare prima del buio.

Era un sistema di suddivisione della giornata utilissimo per una società agricola, ma aveva lo svantaggio di dover rimettere gli orologi ogni giorno, per via dello spostamento naturale del tramonto durante tutto l'anno.

Ancora, come è ovvio pensare, le ore variavano il posizionamento durante tutto l'anno, senza sincronia con i momenti della giornata: il mezzodì cambiava di giorno in giorno, quindi non c'era correlazione con quello che conosciamo noi oggi.

L'obbligatoria regolazione manuale dei segnatempo, in un periodo in cui l'orologeria meccanica era ai primordi e non troppo precisa, causava frequenti danni agli orologi.

In Francia, invece, in cui l'orologeria è sempre stata avanzata, si era ideato un altro sistema del computo delle ore e della giornata, detto appunto 'alla francese' (od anche ultramontano, moderno o equinoziale): il giorno non cominciava né all'alba e né al tramonto, ma era invece diviso in due parti da 12 ore cadauna, chiamate antimeridiana (abbreviato AM) e pomeridiana (abbreviato PM). Il mezzodì era sempre la dodicesima ora, e corrispondeva al passaggio del sole sul meridiano locale (la meridiana, ovvero massima elevazione possibile nel cielo del Sole).

Il nuovo giorno era calcolato dopo 12 ore dalla meridiana, quindi nel punto che, comunemente, chiamiamo mezzanotte.

Ciò era molto utile nel rimettere in tempo gli orologi poco precisi: bastava farlo ogni certo numero di giorni (a seconda della precisione del modello), basandosi sul mezzogiorno, che capitava sempre alle ore 12.00, e non era richiesta la modifica manuale ogni giorno come con l'ora italica.

Con la macchina da guerra napoleonica, i francesi esportarono anche il loro modo di suddividere la giornata e le ore, anche nella penisola italiana.

Il nuovo modo di misurazione incontrò una feroce resistenza degli italiani, restii a cambiare il loro conteggio delle giornate che usavano da secoli, ma con l'ufficializzazione della Repubblica Italiana di Napoleone, gradualmente il nuovo sistema ultramontano venne introdotto.

A ricordo di tanti secoli con l'ora italica, comunque, abbiamo decine e decine di orologi su torri e campanili, in pressoché ogni parte del Belpaese, che segnano ancora, correttamente, il vecchio metodo.

Con l'arrivo dell'ora ultramontana, ed il differente metodo di calcolo del giorno nuovo, venne introdotta l'abitudine di festeggiare le vigilie delle feste comandate, per non perdere le usanze care alla gente da così tanto tempo (veglie, cene, et similia).

L’orologio solare o meridiana

La meridiana, od orologio solare
L'orologio solare, chiamato anche meridiana, è il primo segnatempo costruito dall'uomo. Al contrario di ciò che si può immaginare, è un orologio estremamente preciso che, unico nel suo genere, è capace di segnare direttamente l'ora solare vera

Abbiamo visto che, per calcolare periodi di tempo piuttosto lunghi (mesi ed anni), l’essere umano ha ideato i calendari, utili appunto per scandire stagioni ed annualità, basandosi sugli intervalli regolari degli astri di riferimento terrestri (Luna, Sole e le altre stelle fisse).

Ma per misurare brevi intervalli durante una giornata, l’uso del calendario non è possibile, e quindi l’essere umano ha dovuto ingegnarsi per avere una misurazione attendibile dello scorrere del tempo durante sia i momenti lavorativi, che di riposo.

Ma come è possibile calcolare esattamente che ora è, in un dato momento della giornata, se non si dispone degli ormai comuni orologi elettronici di misurazione?

Questo è stato un grande problema per millenni, e tante civiltà hanno profuso incredibili risorse e menti per tentare di scovarne una soluzione accettabile.

Il primo misuratore di ore della storia è basato ancora una volta sui movimenti della nostra stella, il Sole: si tratta dell’orologio solare, detto anche meridiana.

È uno strumento antichissimo, si presuppone antico quanto l’umanità stessa (se ne hanno tracce persino nel periodo Neolitico) e, incredibile a credersi, tutt’ora estremamente preciso.

La sua costruzione è semplice: si punta un qualsiasi oggetto che possa proiettare un’ombra su un pannello (sia verticale che orizzontale) ed il Sole, nel suo movimento apparente nel cielo durante la giornata, farà cambiare posizione e lunghezza dell’ombra.

Il pannello, che funge da vero e proprio quadrante, è solitamente inciso (o disegnato) con linee, numeri e segni che ne rendono interpretabile, per l’uomo, la lettura.

L’ago della meridiana è uno stilo, chiamato gnomone, e può essere di qualsiasi materiale.

Anche il quadrate può essere di qualsiasi materiale: solitamente, datosi che una meridiana deve necessariamente essere lasciata esposta alla luce del Sole (e delle intemperie) si è storicamente preferito utilizzare materiali di costruzione durevoli.

Una meridiana da muro a tempo vero e medio
Un esempio di meridiana da muro, a tempo vero e tempo medio.
Di base, un orologio solare segna sempre il tempo solare vero, ma è possibile, con opportuna correzione del quadrante, segnare anche il tempo medio di riferimento. Ciò è molto utile quando si deve ricalibrare un poco preciso orologio meccanico, che deve essere rimesso sempre sull'ora media locale

Esistono meridiane di vari tipi, sia da muro (un tempo piuttosto comuni e presenti in ogni borgo), sia orizzontali da giardino.

Il vantaggio principale di una meridiana è la semplice realizzazione: qualsiasi civiltà, anche con una conoscenza basica dei movimenti della Terra e del Sole, e con pochi strumenti facilmente reperibili, può costruirne una.

Altro vantaggio considerevole è la pressoché assoluta assenza di manutenzione e regolazione: non deve essere ricaricata, né rimessa in ora, e la sua durabilità è certa nei secoli (catastrofi permettendo).

Gli svantaggi principali sono di contro considerevoli: è illeggibile di notte (e nelle condizioni di cielo molto coperto) e, a seconda del tipo di meridiana e della sua pozione, il quadrante e/o l’ombra proiettata dallo gnomone possono essere o non essere visibili in determinati periodi del giorno o dell’anno.

Fino all’avvento di primi orologi meccanici, le meridiane sono state (assieme alle clessidre) l’unico strumento di misurazione del tempo giornaliero.

La clessidra e la clepsamia

La clepsamia
La clepsamia a sabbia, da molti confusa con la clessidra (che invece è a liquido, quasi sempre acqua)

Abbiamo già precedentemente chiarito che la misurazione dello scorrere del tempo è possibile solamente analizzando i suoi effetti sul piano del reale, ed abbiamo anche detto che, per una necessaria precisione del valore, abbiamo bisogno di effetti con intervallo quanto più regolare possibile.

Un flusso che scorre forzatamente in un dato contenitore, di adeguata capienza, verso un altro contenitore può essere un elemento di misurazione valido.

Supposto che il nostro pianeta, come qualsiasi altro oggetto dotato di massa, esercita un’attrazione verso il suo centro costante e perenne (la forza di gravità) ed attira qualsiasi altro elemento di massa inferiore, e sempre considerando che questa attrazione è di circa 9 metri al secondo (indifferentemente dal grave, dalla sua dimensione o materiale), possiamo quindi far scorrere un liquido come l’acqua utilizzando la costante gravitazionale, da un ipotetico contenitore ad un altro.

Quando il contenitore ricevente sarà pieno, sarà passato una certa frazione di tempo: tale frazione sarà sempre fissa ed eguale ogni volta che svuoteremo il contenitore per farlo riempire di nuovo, perché la forza di gravità è una costante.

Questo è il principio di funzionamento di una clessidra, chiamata anche orologio ad acqua.

L'orologio ad acqua del Pincio, a Milano
Il famoso orologio ad acqua nel parco del Pincio, a Milano.
L'acqua che scorre passando tra i due pesi del bilanciere, determina l'intervallo di misurazione di tutto il meccanismo

Strumento di misurazione molto antico (quasi quanto la meridiana), ha sempre sofferto di un enorme problema: la difficoltà di controllare il flusso d’acqua (specie con gli strumenti disponibili millenni fa).

L'acqua è un liquido dalle molte proprietà uniche, che presenta un tasso di viscosità bassissimo; questo la rende molto difficile da controllare, se i contenitori che la ospitano non sono a tenuta stagna.

Questo problema ha sempre reso la clessidra un segnatempo poco affidabile e preciso, che generalmente veniva usato solo di notte, quando le ben più precise meridiane non erano disponibili.

Nel corso dei secoli si sostituì l’acqua con una fine sabbia, che ne migliorava di molto la precisione e l’accuratezza: tale strumento è chiamato clepsamia, oppure clessidra a sabbia.

Tutt’ora, esistono bellissime clepsamie da collezione e, nell’immaginario collettivo, le clessidre a sabbia sono ancora associate allo scorrere del tempo.

Pesi e bilancieri per misurare intervalli: l’orologio meccanico

I primi orologi meccanici da campanile
Attorno al 1300, cominciarono a comparire i primi, enormi, orologi meccanici sulle torri e sui campanili europei, che presero il posto delle meridiane

Sul finire del 1200 d.C., benché ci trovassimo ancora nel Medioevo, la tecnica e l’artigianato in Europa migliorarono considerevolmente, e iniziarono a comparire i primi orologi meccanici della storia.

Il principio di funzionamento si basava, ancora una volta, sulla costante forza di gravità e l’attrazione che essa esercita sui gravi: come nella clessidra, se al posto di un liquido mettiamo un peso, di qualsiasi natura, e creiamo una differenza di potenziale energetico di esso con il suolo (lo solleviamo, in poche parole), tale peso comunque sarà attratto verso il centro della Terra con una velocità costante di circa 9 metri al secondo.

Ovviamente, facendo semplicemente cadere un peso di colpo, si esaurirebbe in un attimo tutta l’energia potenziale, e non riusciremmo mai a misurare nulla (l’intervallo tra sollevamento e caduta libera sarebbe troppo breve): è quindi necessario far cadere il peso ‘un po’ per volta’, tenendolo in sospensione e lasciandolo avvicinare al suolo lentamente.

Il meccanismo che permette al grave di scendere lentamente ma costantemente poco alla volta, creando un intervallo misurabile, è la ruota di scappamento: tale importantissima scoperta, equiparabile al foro di uscita del liquido della clessidra ha permesso all’uomo di utilizzare, per la prima volta nella storia, un artefatto totalmente meccanico come segnatempo.

Dalla sua invenzione, il principio della ruota di scappamento continua ad essere quotidianamente utilizzato anche nei moderni orologi meccanici che portiamo al polso.

Scappamento in un orologio meccanico, con volano
Disegno schematico del principio di funzionamento di un orologio a pesi: il peso viene gradualmente rilasciato grazie al lavoro della ruota di scappamento, che impedisce lo scarico rapido del grave. Un volano poi, stabilizza il meccanismo, che può essere usato per misurare il tempo che scorre

I primi segnatempo dotati di pesi e scappamento, di enormi dimensioni, cominciarono ad essere installati in Europa sul finire del 1200 d.C./ inizio del 1300 d.C., nei campanili delle chiese e sulle torri dei borghi medievali.

Erano poco precisi, necessitavano costantemente di manutenzione e ricarica dei pesi, nonché di regolazione giornaliera: venivano infatti rimessi in ora ogni giorno, con l’aiuto delle precise meridiane.

Il loro grande vantaggio, tuttavia, era evidente: potevano funzionare sia di notte che in condizioni di scarsa visibilità della luce solare.

Nel tempo, alla segnalazione dell’ora sul quadrante sono state aggiunte diverse altre funzioni ausiliarie, come datario, avvisi sonori, calendario astronomico et similia.

Tali funzioni, che esulano dalla mera informazione dell’ora, sono chiamate complicazioni.

Col progredire della tecnica meccanica, nei secoli gli enormi orologi da piazza sono diventati delle autentiche opere d’arte: ne è uno splendido esempio l’orologio della torre situato in Piazza San Marco a Venezia.

Scappamento in un orologio meccanico, con volano
Il fantastico orologio della torre a Venezia, chiamato anche comunemente 'orologio dei mori', per via delle due statue dei mori, col batocchio in mano, che scandiscono, a colpi di campana, il passaggio orario.
Favoloso esempio della potenza e della ricchezza della grandiosa Repubblica della Serenissima, ancor oggi risuona in tutta Piazza San Marco, dopo oltre cinque secoli dalla sua costruzione.
È uno dei primi orologi della storia col quadrante totalmente digitale: ai lati sono infatti presenti i pannelli delle ore (italiche, quindi il conteggio parte da ogni tramonto) ed i minuti.
Completano la spendida opera un ricco quadrante astronomico, con la posizione del Sole nei segni dell'eclittica, ed un complesso carosello di statue (i Magi), che viene fatto partire usualmente alla festa dell'Ascensione e dell'Epifania.
L'orologio ha subito recentemente un lungo e costoso restauro, finito nel 2006

Il pendolo e l’oscillazione alternata

Scappamento in un orologio meccanico, con volano
Una pendola da salotto.
Prima dell'avvento degli orologi al quarzo, la pendola

Nel XVII secolo, il famoso fisico e matematico Galileo Galilei, effettuando i suoi celebri esperimenti sulla gravità della Terra ed il suo moto, si accorse di un fatto curioso: un peso ben bilanciato ed appeso ad un filo, se posto in oscillazione tramite una forza costante, alternava le oscillazioni altrettanto costantemente.

In pratica, le oscillazioni di piccola ampiezza del pendolo, si svolgono tutte nello stesso periodo temporale; e questa è una costante che rimane in essere a prescindere dall’effettiva ampiezza delle oscillazioni.

È la legge dell’isocronismo.

Si dice che a Galileo venne l’illuminazione su tale fenomeno fisico casualmente, osservando il dondolio di una lampada appesa ad un soffitto (l’antico lampadario), dopo che l’apposito manutentore ne aveva acceso i lumi.

L’oscillazione della lampada era talmente regolare che Galilei riuscì a misurarne la frequenza con estrema precisione, rapportandola ai battiti del proprio polso.

Fu forse da quel caso fortuito che nacque l’idea, sviluppata poi nel futuro, di un segnatempo basato sulle oscillazioni di un pendolo.

Galileo Galilei, il padre della scienza moderna
Il grande Galileo Galilei, ritratto in vecchia.
Considerato il padre del metodo scientifico moderno, a lui dobbiamo innumerevoli invenzioni ed osservazioni, soprattutto sul movimento della Terra e dei corpi celesti. Celebri i suoi esperimenti dove dimostrò che la forza di gravità è una costante, e vale per qualsiasi corpo dotato di massa, indifferentemente dal materiale e dall'altezza rispetto al suolo

Pochi decenni dopo, forse casualmente o forse prendendo a comparazione gli studi del genio pisano, il matematico olandese Christiaan Huygens depositò il primo brevetto assoluto di orologio a pendolo.

Da lì in poi, tutto l’artigianato europeo produrrà una serie infinita di modelli a pendolo, di tutte le misure e per tutte le esigenze, che rimarranno lo standard per la misurazione oraria per secoli.

Galileo Galilei, il padre della scienza moderna
Disegno schematico di un orologio a pendolo.
Oscillando regolarmente, il pendolo fa scattare periodicamente i denti della ruota di scappamento, in aggancio con l'ancora.
L'energia di movimento è fornita da un peso con catena, e la ruota di scappamento impedisce il rilascio immediato

Il funzionamento di un orologio a pendolo è relativamente semplice: una serie di pesi carica una catena, collegata a vari ingranaggi che hanno il proprio fulcro in due elementi fondamentali, ovvero il pendolo stesso e la ruota di scappamento.

La ruota di scappamento, rilasciando gradualmente l’energia cinetica contenuta nei pesi sollevati dal suolo, fornisce di moto alternato il pendolo che, a sua volta, fa scattare gradualmente lo scappamento.

Ogni alternanza del pendolo provoca un piccolo rilascio di energia nello scappamento, ed ogni certo numero di alternanze, il treno degli ingranaggi fa spostare le sfere di indicazione oraria sul quadrante, permettendo la lettura dell’ora.

Rispetto ad un orologio basato sul rilascio graduale dei pesi, lo scappamento col pendolo migliora enormemente la precisione dell’orologio, grazie alla stabilità di oscillazione del pendolo e le sue costanti alternanze.

I difetti principali sono essenzialmente due: l’orologio dev’essere sempre in perpendicolare perfetta rispetto al piano di terra, e le dimensioni di costruzione del segnatempo sono inevitabilmente sviluppate in lunghezza (dovendo per forza includere il pendolo).

Il pendolo deve formare un angolo retto quanto più preciso possibile col suolo, e l’orologio deve evitare scosse od urti che ne inficerebbero negativamente la marcia.

Prodotti in quantità industriale nel corso dei secoli, sia da piazza, che da campanile piuttosto che da salotto, gli orologi a pendolo ai giorni nostri sono superati, ma conservano ancora il loro antico fascino di segnatempo, e ne vengono ancora prodotti, soprattuto per arredo.

Il bilanciere ed il bariletto: il segnatempo portatile

Orologio meccanico da tasca
La micro-meccanica che scandisce il tempo: l'orologio da taschino

Sul finire del 1500 d.C. la scuola orologiaia inglese, all’epoca tra le più d’avanguardia assieme a quella italiana, ideò un sistema di oscillazione ed alternanze non più dipendente da un pendolo, bensì da un rotore che, lasciato libero di oscillare entro certi limiti, in sostanza produceva alternanze comparabili a quelle di un pendolo (e quindi, misurabili).

Era nato il primo bilanciere della storia.

Il bilanciere di un movimento meccanico
Il bilanciere è composto da tre parti fondamentali: volantino, spirale ed asse.
Tale artefatto è libero di ruotare compiendo oscillazioni regolari (alternanze), sotto la spinta dell'ancora: più alternanze orarie è capace di compiere il bilanciere, più preciso sarà il segnatempo

Tale rivoluzionaria invenzione, seppur con molte modifiche, è materialmente ancora presente nei nostri moderni orologi meccanici d’alta marca.

Sinteticamente, un bilanciere non è altro che una ruota giustamente bilanciata (per mezzo di sporgenze, spesso viti, sulla sua circonferenza che fanno appunto da bilanciamento di massa), con all’interno, fissata per il centro tramite un asse, una molla raggomitolata a mo’ di spirale.

La ruota è chiamata volantino e, come detto prima, è la parte che deve bilanciare il movimento di rotazione di tutto l’apparato: la presenza di masse come le viti sulla sua circonferenza serve appunto all’ottimale bilanciamento.

La molla a spirale è, come il nome suggerisce, la molla che consente le oscillazioni del volantino: viene caricata di energia da un apposito componente (l’ancora) e rilascia la spinta di rotazione a tutto il bilanciere.

Tra ancora e bilanciere l’elemento di raccordo è chiamato plateau: è una piccola virola che consente la trasformazione del movimento oscillatorio del bilanciere nel moto rotatorio del treno degli ingranaggi .

L’asse invece, chiaramente, è l’asse di rotazione del bilanciere.

L’ancora è a contatto con la ruota di scappamento che, proprio come negli orologi a pendolo, scatta lentamente ogni certo numero di alternanze del bilanciere, permettendo quindi di non esaurire immediatamente tutta l’energia cinetica della molla di carica.

La molla di carica è inclusa in una particolare ruota, cava e dentata, chiamata bariletto.

Il bariletto dev’essere ricaricato periodicamente, a seconda della capacità di accumulo energetico della molla.

Lo scappamento coassiale di Omega
Un esempio di scappamento moderno: lo scappamento coassiale di Omega

In sostanza, l’accoppiata bilanciere e bariletto è paragonabile al binomio pendolo e pesi, e permette quindi la realizzazione di un segnatempo.

Al contrario del pendolo, però, il bilanciere ha un movimento di oscillazione rotatorio attorno al proprio asse: è quindi possibile miniaturizzarlo e costringerlo a girare su una superficie piatta, rendendo l’orologio portatile.

Il vantaggio principale degli orologi meccanici a bilanciere è la loro portabilità (i componenti possono essere miniaturizzati), la discreta resistenza al movimento se indossati e un'affidabilità maggiore di quelli meccanici a pendolo.

Nei secoli sono stati prodotti orologi meccanici di ogni foggia e modello, di ogni grandezza, costo e design: classici rotondi, di forma, da signora, da tasca, da polso... Infiniti modelli di infinite case di produzione e infiniti disegni.

Fino ai primi anni del 1900, non era consuetudine portare l'orologio al polso, come invece è lo standard oggigiorno: tutti gli orologi erano da tasca (solitamente, agganciati al panciotto maschile con una catenella), oppure da collo, spesso finemente lavorati (stile gioiello, per le signore).

L'orologio da polso come lo intendiamo noi oggi, ovvero dotato di cinturino o bracciale per essere indossato, è in'invenzione della maison Patek Philippe, che li produsse solo (in piccola quantità) per il mercato femminile sul finire del 1800.

Non ebbero comunque molto successo, ed il progetto fu ritirato.

Gli orologi da polso rimasero sconosciuti ai più fino allo scoppio della tremenda e sanguinosa Prima Guerra Mondiale, quando i generali al fronte si accorsero che era decisamente scomodo combattere e dare ordini sempre con una mano occupata nel tenere 'la cipolla' (nome popolare dell'orologio da tasca).

In un'epoca dove era di grandissima importanza coordinare le truppe, spesso semi-analfabete e che di certo non potevano permettersi l'uso di costosi segnatempo, si diffuse quindi l'uso del comodo orologio fissato al polso per mezzo di un cinturino, che lasciava libera la mano ed era di rapida lettura.

Da quel momento in poi, cominciò a divenire popolare l'uso al polso dell'orologio, che tutt'ora noi usiamo nel nostro vivere quotidiano.

L'orologio da polso
Un classico orologio da polso, con quadrante analogico

Anche la carica del bariletto, ha subito importanti modifiche: dapprima effettuabile solo manualmente, tramite girata della corona, in seguito è stata affiancata dalla carica automatica.

Una massa oscillante, opportunamente bilanciata e libera di ruotare su un asse, è sensibile ad ogni minimo movimento del polso; girando grazie all'energia cinetica fornita da quest'ultimo, quindi, la massa carica automaticamente la ruota bariletto, evitando quindi di effettuare periodicamente la ricarica manuale.

Orologio meccanico a carica automatica
Un movimento meccanico a carica automatica.
Si può notare la massa oscillante, a forma di mezzaluna che, muovendosi ad ogni minimo spostamento del polso, carica la ruota bariletto

Prima dell'avvento dei moderni orologi elettronici, sono stati l'unica tipologia di segnatempo per tutta la popolazione del mondo, e la loro diffusione capillare, anche tra le classi meno abbienti, è stata un passo importante per la civiltà ed il progresso.

Sono stati prodotti anche orologi speciali per speciali condizioni d'utilizzo e speciali compiti: subacquei, per l'aviazione ed addirittura per lo spazio.

Tra i tanti prodotti, vale la pena almeno sottolineare il primo orologio ad essere andato sulla Luna, al polso degli astronauti Neil Armstrong, Micheal Collins ed Edwin Aldrin: lo storico Omega Speedmaster Professional, chiamato tra gli appassionati "Moonwatch", proprio dopo la storica impresa.

Omega Speedmaster Professional "Moonwatch"
Il primo orologio della storia ad essere andato sulla Luna: l'Omega Speedmaster Professional "Moonwatch"

Dagli anni '70 in poi, con la produzione industriale dell'orologeria elettronica, le maison d'orologeria hanno cambiato il loro business principale: gli orologi meccanici sono diventati principalmente gioielli, oggetti di lusso e d'investimento, nonché status symbol di un certo potere economico (e sociale) acquisito.

Sebbene, attualmente, l'orologio meccanico sia concettualmente superato, viene ancora apprezzato dagli appassionati e dai collezionisti, disposti a spendere considerevoli cifre per orologi di alta marca.

L'emblema dell'orologio inteso come gioiello: il Rolex
Un famoso Rolex Date-Just, emblema dell'alta orologeria intesa per lo più come gioielleria

L'era dell'orologio elettronico: l'Accutron ed il movimento a diapason

Il Bulova Accutron del 1960
Il primo orologio elettronico al mondo: il Bulova Accutron.
Era l'anno 1960, e l'orologeria subiva una vera e propria rivoluzione

Nell'anno di grazia 1711, il musicista John Shore si accorse casualmente di un fenomeno curioso: una forcella in acciaio, se opportunamente percossa, generava una nota sonora stabile, grazie ad un'altissima vibrazione.

Tale vibrazione è direttamente proporzionale alla nota che viene udita dal nostro orecchio, per cui a diverse frequenze di vibrazione è possibile associare più o meno tutte le note musicali conosciute.

La scoperta della forcella vibrante prese il nome di diapason, ed è tutt'ora utilizzato dai musicisti di tutto il mondo per accordare gli strumenti musicali su una nota standard, usandolo come regolatore.

Il diapason
Un classico diapason: se percosso, rilascia l'energia ricevuta tramite il fenomeno della vibrazione.
Tale fenomeno è estremamente regolare, con una frequenza costante che può essere definita in sede di costruzione del diapason

Datosi che il diapason, una volta percosso, vibra per un certo periodo di tempo in maniera costante, può essere utilizzato per la misurazione del tempo: ogni certo numero di oscillazioni del diapason, può essere associato al minuto secondo.

Al contrario delle oscillazioni di un bilanciere in un orologio meccanico, veramente basse (di circa 5-10 Hz al secondo), un diapason è capace di generare fino a circa 700 Hz/s. Ne consegue che, per la regola del fattore di merito spiegata in precedenza (più alternanze eguali a più precisione), un ipotetico orologio basato sulle oscillazioni di un diapason sarà sicuramente più preciso di un classico segnatempo a bilanciere.

All'inizio del 1800, il famoso mastro orologiaio Abraham-Louis Breguet, vero genio dell'orologeria, aveva già intuito le potenzialità del diapason come oscillatore regolare, da usare al posto del classico bilanciere.

Il grande maestro degli orologio cercò in tutti i modi di implementare tale concetto ai suoi segnatempo, ma la tecnologia dell'epoca non glielo permise, e dovette a malincuore rinunziare.

Ci pensò circa un secolo dopo un suo connazionale, lo svizzero Max Hetzel: grazie all'avvento dei semiconduttori e dell'elettronica, riuscì a miniaturizzare così tanto un diapason da infilarlo dentro un orologio da polso, collegandolo ad un circuito elettrico alimentato a batteria.

Nel 1955 Max Hetzel, lavorando per l'americana Bulova, aveva già prodotto ben otto esemplari di orologi a diapason, detti anche orologi sonici (per via delle vibrazioni sonore che produce il diapason), tutti perfettamente marcianti.

Dopo altri cinque anni circa di perfezionamenti, soprattutto di miniaturizzazione dei componenti e di economizzazione della produzione industriale, Bulova presentò al mondo l'orologio più preciso di sempre: il Bulova Accutron (contrazione dall'inglese accuracy through electronics, ovvero precisione attraverso l'elettronica).

Quando uscì, con le sue circa 400 alternanze al secondo, l'Accutron era per davvero l'orologio più preciso del mondo: la minuscola batteria all'ossido di mercurio poteva fornire l'energia elettrica necessaria ad alimentare le bobine magnetiche che tenevano in oscillazione il piccolissimo diapason per circa un anno.

Un transistor bipolare poi, completava il complesso cuore dell'orologio, che comunque manteneva il treno meccanico delle ruote che azionava le sfere del quadrante.

Fu subito un grande successo, anche perché l'orologio era preciso davvero: scarto di circa +/- 60 secondi al mese. Davvero pochissimi!

L'Accutron aprì quindi la strada all'avvento dell'orologeria elettronica che, di lì a poco, avrebbe quasi totalmente soppiantato quella meccanica.

Seiko, Casio ed il monopolio assoluto della tecnologia al quarzo

Il Seiko Seiko 35 SQ Astron, il primo orologio al quarzo commercializzato
Un pezzo di storia dell'orologeria, nonché pietra miliare del progresso scientifico: il Seiko 35 SQ Astron.
Primo orologio al quarzo mai commercializzato al mondo, aveva un'incredibile accuratezza: scarto di soli 5 secondi al mese!

Finora abbiamo più volte ripetuto che, in un generico segnatempo, più alternanze equivalgono a maggiore precisione nella misurazione del minuto secondo.

Dai 5-10 Hz di frequenza di un bilanciere meccanico, nella metà del 1900 si è potuti passare, grazie alla tecnologia sonica, ad oltre 400 Hz, aumentando quindi di molto la precisione degli orologi.

Tuttavia, un orologio al diapason ha sì molti vantaggi, però ha anche un grosso neo, difficilmente superabile: consuma molta energia elettrica.

Nel suo funzionamento, infatti, il diapason oscilla grazie al campo magnetico generato dalle bobine, che a loro volta prendono energia da un accumulatore (batteria).

Sappiamo, per le leggi della termodinamica, che ad ogni passaggio energetico qualcosa si perde, perché l'energia si trasforma in lavoro.

Il problema del diapason è che vibra solo sotto stimolazione meccanica, con conseguente spreco di energia.

Mantenere quindi sempre in vibrazione un diapason tramite bobine è energeticamente sconveniente.

Ma, al mondo, esistono in natura specifici elementi dal comportamento curioso, veramente bizzarro: se sollecitati meccanicamente, emettono spontaneamente elettroni; se invece percorsi da un flusso elettronico, si mettono a vibrare, proprio come un diapason.

Questi elementi sono i diossidi di silicio, comunemente chiamati quarzi.

L'ametista
Un frammento di ametista

Il fenomeno che li fa vibrare od emettere elettricità a seconda della stimolazione si chiama piezoelettricità, ed è comune a pressoché tutti i materiali a struttura cristallina.

Datosi che un quarzo opportunamente tagliato e sollecitato elettricamente vibra ad altissima frequenza, stabile, è quindi possibile usarlo in sostituzione del diapason.

I vantaggi del cambio sono evidenti: maggiore frequenza delle alternanze (quindi, maggiore precisione) e minor consumo energetico, datosi che il cristallo, per vibrare, non ha bisogno di strumenti esterni, ma solo di essere percorso da elettroni.

Le prime applicazioni dell'orologio basato sulla vibrazione di un quarzo sono riconducibili agli anni '30 del 1900; come spesso accade, però, tali primi prototipi erano veramente ingombranti, molto costosi e di scarsa affidabilità.

Toccherà attendere fino alla fine degli anni '60 prima che una semi-sconosciuta (all'epoca ed in occidente) casa di orologeria giapponese, la Seiko, metta in commercio il primo orologio al quarzo della storia: il Seiko 35 SQ Astron.

Un movimento al quarzo
Un generico movimento al quarzo.
In alto si può notare il minuscolo cilindro contenente il frammento di quarzo

Con le sue oltre 30000 alternanze al secondo, l'Astron era di una precisone mai vista prima, neppure negli orologi sonici: scartava di circa 5 secondi al mese, in eccesso o difetto. Una precisione considerata eccezionale anche ai nostri tempi.

L'Astron diede il via all'era del quarzo, che ancora oggi dura e che ha quasi mandato in bancarotta tutta l'industria orologiaria svizzera, che si salvò solo con la Swatch ed il suo nuovo modello di orologio di design (e non più di sola utilità).

Negli anni '70, con l'avvento dei microchip a basso costo, al classico quadrante analogico l'orologio al quarzo ha implementato anche il display digitale: dapprima con tecnologia LED, i modelli prodotti negli anni hanno montato poi un più efficiente display LCD (solitamente riflettivo).

Maestra in tal senso è la giapponese Casio, multinazionale ben conosciuta proprio per la produzione di innumerevoli orologi digitali a basso costo ma dalle mille funzioni.

Un orologio digitale Casio
Uno degli storici modelli digitali della Casio, venduti a milioni in tutto il mondo

Gli orologi Casio, estremamente popolari da oltre 30 anni, sono tutt'ora tra i segnatempo più venduti al mondo: economici, precisi, duraturi oltre ogni più rosea previsione (difficilmente si guastano e necessitano di poca o nulla manutenzione), hanno reso l'orologeria veramente a portata di tutti.

Negli anni '80, ne sono stati prodotti di ogni modello e di ogni funzionalità: dal mitico e 'nerdissimo' orologio con calcolatrice incorporata (il sogno di ogni bambino negli anni dei capelli cotonati) fino all'apprezzata linea dei G-Shock, orologi divenuti un cult e ricercatissimi dagli appassionati per la loro incredibile resistenza ad urti e situazioni estreme.

Non sono mancate poi variazioni sul tema più o meno bizzarre: sono stati prodotti orologi con telecomando infrarossi per controllare la TV, orologi con barometro ed altimetro, e persino orologi con misuratore della pressione sanguigna.

Orologio con calcolatrice della Casio
Una delle icone degli anni '80, particolarmente apprezzata dai bambini: l'orologio con calcolatrice della Casio.
Di uso improponibile per le dita di un adulto (i tasti erano veramente microscopici), spopolò invece tra i pargoli dell'epoca


Con l'avvento della telefonia mobile, tuttavia, il ruolo dell'orologio digitale si è, per molti, ridimensionato: tutti i dispositivi mobili hanno incorporato un orologio di Sistema, che spesso basta ed avanza alla gente per sapere l'ora esatta.

Questo calo d'interesse per l'orologeria, a favore della fruizione dei contenuti mobili che ha raggiunto l'apice con l'avvento degli smartphone, è uno dei motivi che hanno spinto le grandi aziende di produzione hardware, come Samsung od Apple, a pensare di immettere sul mercato i primi modelli di smartwatch.

L'avvento degli smartwatch: l'Apple Watch

L'Apple Watch, il primo smartwatch della Apple
Il primo smartwatch della Apple: Apple Watch

Nei primi anni '10 del 2000, sia l'informatica che l'elettronica per le masse ha visto radicalmente cambiato il loro core business: gli interessi delle aziende d'elettronica, accordandosi alle richieste della gente, si sono focalizzati sempre più sul supporto personale, piuttosto che la mera vendita di un prodotto di base.

In questo contesto, dopo il cambio di passo deciso dall'avvento dell'era degli smartphone, le grande industrie hanno fiutato l'affare dei calcolatori camuffati da orologi, atti alla gestione dei dati personali: gli smartwatch.

Partiti in sordina, con risultati di certo non brillantissimi (qualcosa ne sa Samsung), gli smartwatch hanno raggiunto la diffusione mondiale grazie, ancora una volta, alla macchina da guerra di marketing della Apple.

Nel 2014, il CEO di Cupertino, Tim Cook, annuncia il prodotto rumoreggiato da molto tempo: un orologio, il primo sviluppato da Apple.
Non un orologio qualsiasi, ovviamente, ma uno smartwatch, che lavora in maniera sincrona con l'altro best-seller dell'azienda della mela californiana, ovvero l'iPhone.

Il nuovo dispositivo presenta interessanti caratteristiche: ampio display, con cassa da 38 o 42mm, totalmente sensibile al tocco e con la nuova tecnologia rinominata 'force touch'. In pratica, il film digitalizzatore del display non solo è in grado di rilevare la posizione del dito conduttore, ma anche la pressione che viene esercitata sul vetro di protezione. A seconda della pressione, quindi, cambiano le funzioni di comando del digitalizzatore, per un'esperienza d'utilizzo diversa e, per certi aspetti, piacevole.

L'orologio, oltre alla visulizzazione dell'ora, offre tanti altri servizi: può far girare applicazioni native e specifiche, come ad esempio programmi di messaggistica, mappe e posizionamento GPS (è presente un'antenna integrata per il servizio), e tante altre, scaricabili dall'App Store e prodotte anche da terze parti.
Oltre all'antenna Wi-Fi e Bluetooth, è presente anche un sensore infrarosso, utile a rilevare i battiti cardiaci.

Il display è un OLED (il primo dispositivo Apple ad usare tale tecnologia), mentre il processore è l'Apple S1 (un System in a Package specificatamente progettato).

La particolarità dell'orologio è la sua stretta simbiosi con iPhone: una volta collegati, Apple Watch consente di chiamare, mandare messaggi, visualizzare foto e musica presenti nel telefono, che può essere posizionato entro il raggio operativo del Bluetooth (circa 9 metri radiali).

Questo presenta molti vantaggi: non è necessario acquistare una nuova SIM card e, in mancanza di una connessione Wi-Fi libera, è possibile utilizzare direttamente la connessione dati cellulari del telefono.

8GB di memoria di massa completano il primo telefono di Apple.

Nella sua prima incarnazione, tre versioni disponibili (ognuna in scelta con cassa da 38 o 42mm): Sport, la più economica, con vetro in Gorilla Glass e cinturino in gomma (ampia scelta di colori); Apple Watch standard, con resistentissimo vetro in zaffiro e scelta tra cinturini e bracciali; Edition, edizione di super-lusso, costossissima (dai 10.000 ai 18.000 Euro!), dalla cassa in oro.

Commercializzato con la solita politica di Apple (a scaglioni, con alcuni Paesi prima di altri), è subito un grande successo: circa 2 milioni e mezzo di unità vendute al lancio negli USA!

Ancora una volta, l'informatica cambia.

E cambia anche, ma questa non è una novità, l'orologeria ed il progresso tecnologico sempre ad essa collegato.

Un po' d'informazioni sull'Apple Watch

Apple Watch viene distribuito, sin dalla sua prima commercializzazione, in due dimensioni di cassa: da 38mm e da 42mm.

Generalmente, ma si va a puro gusto personale, la versione da 42mm è indicata per un'utenza prevalentemente maschile, e di rimando la versione da 38mm è pensata principlamente per un polso femminile.

Le casse possono essere, a seconda della versione, d'acciaio, d'alluminio, ceramica oppure la costosissima cassa in oro dell'edizione Edition.

I cinturini ed i bracciali, di differenti modelli, possono essere cambiati velocemente grazie ad un sistema di sgancio rapido.

Apple Watch originale

Apple Watch originale
Informazioni tecniche
Numero modello Cassa da 38 mm (A1553)
Cassa da 42 mm (A1554)
Anno di commercializzazione 2015
Casse disponibili Argento, grigio siderale, oro rosa, alluminio color oro, Acciaio inossidabile, acciaio inossidabile nero siderale
Rete cellulare Non presente
Connettività wireless Wi-Fi (802.11b/g/n) + Bluetooth 4.0, NFC
GPS Non presente
Processore Apple S1
RAM 512 MB
Memoria di massa Flash da 8 GB
Dimensioni

Versione da 38 mm:
38.6 mm × 33.3 mm × 10.5 mm

Versione da 42 mm:
42 mm × 35.9 mm × 10.5 mm

Vetro Versione Sport:
GorillaGlass con trattamento Ion-Xglass
Versione Watch/Edition:
Cristallo zaffiro infrangibile
Display e rapporto d'aspetto AMOLED
Versione da 38mm:
33.96 mm diagonali, 272×340 pixel, 326 dpi
Versione da 42mm:
38.96 mm diagonali, 312×390 pixel, 326 dpi
Audio e microfono Integrati
Sensori Giroscopio; accelerometro; sensori di prossimità; bussola digitale
Batteria


Integrata con tecnologia Li-Po
Versione da 38mm:
3.8 V 0.78 W·h (205 mA·h)[9][10]

Versione da 42mm:
3.78 V 0.93 W·h (246 mA·h)[10]

OS al debutto WatchOS 2.0
Aggiornabile fino a WatchOS 3.0

Il primo Apple Watch prodotto, commercializzato nel 2015.

Tre le edizioni disponibili al lancio: Watch, Sport e la costosissima Edition.

Per ogni edizione, due le dimensioni della cassa: 42mm o 38mm.

Bracciali e cinturini disponibili sia originali ideati da Apple, sia di terze parti (molto più abbordabili come prezzo).

La versione Watch, ovverosia quella standard, vede la cassa in acciaio inossidabile e acciaio nero siderale, oltreché un vetro protettivo in cristallo zaffiro infrangibile.

Bracciali o cinturini a scelta, di differenti fasce di prezzo.

La versione Sport ha una cassa in alluminio ed un molto più fragile vetro protettivo Gorilla Glass (lo stesso degli iPhone e degli iPad), con un cinturino in gomma siliconica.

La versione Edition, di lusso ed estremamente costosa, vede una cassa in oro giallo od oro rosa, con pregiati cinturini a scelta.

Tutti i modelli sono dotati di accumulatore Li-Poly con carica ad induzione.

Apple Watch Series 1

Apple Watch Series 1
Informazioni tecniche
Numero modello Cassa da 38 mm (A1802)
Cassa da 42 mm (A1803)
Anno di commercializzazione 2015
Casse disponibili Alluminio color argento, grigio siderale, oro rosa
Rete cellulare Non presente
Connettività wireless Wi-Fi (802.11b/g/n) + Bluetooth 4.0, NFC
GPS Non presente
Processore Apple S1P (dual-core)
RAM 512 MB
Memoria di massa Flash da 8 GB
Dimensioni

Versione da 38 mm:
38.6 mm × 33.3 mm × 10.5 mm
Versione da 42 mm:
42 mm × 35.9 mm × 10.5 mm

Vetro Versione Sport:
GorillaGlass con trattamento Ion-Xglass
Versione Watch/Edition:
Cristallo zaffiro infrangibile
Display e rapporto d'aspetto AMOLED
Versione da 38mm:
33.96 mm diagonali, 272×340 pixel, 326 dpi
Versione da 42mm:
38.96 mm diagonali, 312×390 pixel, 326 dpi
Audio e microfono Integrati
Sensori Giroscopio; accelerometro; sensori di prossimità; bussola digitale
Batteria Integrata con tecnologia Li-Po
Versione da 38mm:
3.8 V 0.78 W·h (205 mA·h)
Versione da 42mm:
3.78 V 0.93 W·h (246 mA·h)
OS al debutto WatchOS 3.0
Aggiornabile fino a WatchOS 6.0

Primo aggiornamento dell’Apple Watch, che prende il posto della precedente edizione Sport.

Monta un SiP (System in a Package) a doppio core ed una cassa in alluminio di differenti colorazioni.

Venduto sempre con il cinturino sportivo in gomma siliconica, ha l’economico vetro protettivo in Gorilla Glass.

Compatibile con Apple Pay.

Apple Watch Series 2

Apple Watch Series 2
Informazioni tecniche
Numero modello Cassa da 38 mm (A1757)
Cassa da 42 mm (A1758)
Edition da 38mm (A1816)
Edition da 42 mm (A1817)
Anno di commercializzazione 2016
Casse disponibili Argento, grigio siderale, oro rosa, alluminio color oro, Acciaio inossidabile, acciaio inossidabile nero siderale
Rete cellulare Non presente
Connettività wireless Wi-Fi (802.11b/g/n) + Bluetooth 4.0, NFC
GPS Integrato
Processore Apple S2 (dual-core)
RAM 512 MB
Memoria di massa Flash da 8 GB
Dimensioni

Versione da 38 mm:
38.6 mm × 33.3 mm × 10.5 mm
Versione da 42 mm:
42 mm × 35.9 mm × 10.5 mm

Vetro Versione Sport:
GorillaGlass con trattamento Ion-Xglass
Versione Watch/Edition:
Cristallo zaffiro infrangibile
Display e rapporto d'aspetto AMOLED
Versione da 38mm:
33.96 mm diagonali, 272×340 pixel, 326 dpi
Versione da 42mm:
38.96 mm diagonali, 312×390 pixel, 326 dpi
Audio e microfono Integrati
Sensori Giroscopio; accelerometro; sensori di prossimità; bussola digitale
Batteria Integrata con tecnologia Li-Po
Versione da 38mm:
3.8 V 0.78 W·h (205 mA·h)
Versione da 42mm:
3.78 V 0.93 W·h (246 mA·h)
OS al debutto WatchOS 3.0
Aggiornabile fino a WatchOS 6.0

Considerevole aggiornamento dell’Apple Watch originale che porta, come nella Series 1, il processore dual-core Apple SP1, ma che aggiunge anche una tenuta stagna fino a 50 metri e una valvola di espulsione dei liquidi.

Altra novità di rilievo è il modulo GPS integrato, che rende possibile l’uso dell’orologio anche senza abbinamento con l’iPhone (ottimo per i corridori, dunque).

Display molto più luminoso e Watch OS 3.0 nativo.

Disponibile con cassa in alluminio, acciaio o ceramica, anche nelle due versioni di lusso di Hermès ed Edition.

Compatibile con Apple Pay.

Apple Watch Series 3

Apple Watch Series 3

Terzo aggiornamento della linea Apple Watch presentato il 12 settembre del 2017, commercializzato in due versioni: una con un'antenna GSM-LTE (cellulare) incorporata ed una senza.

Il modello con la funzionalità LTE è disponibile solo in alcuni paesi, e si riconosce esteticamente per la corona dipinta di rosso.

Nessuna SIM fisica interna, ma una SoftSIM (eSIM), ossia un chip integrato che emula una tradizionale SIM, attivabile tramite l'impostazione software: Apple è una delle prime aziende mondiali a fornire tale servizio ai consumatori in modalità facile e veloce.

Entrambi i modelli implementano un'antenna GPS integrata, un barometro, una batteria ottimizzata ed un nuovo SoC (l'Apple S3).

Compatibile con Apple Pay.

Informazioni tecniche
Numero modello Cassa da 38 mm (A1860, A1889, A1890)
Cassa da 42 mm (A1861, A1891, A1892)
Anno di commercializzazione 2017
Casse disponibili Argento, grigio siderale, oro rosa, alluminio color oro, Acciaio inossidabile, acciaio inossidabile nero siderale
Rete cellulare LTE/GSM (eSIM)
Connettività wireless Wi-Fi (802.11b/g/n) + Bluetooth 4.2, NFC
GPS Integrato
Processore Apple S3 (dual-core)
RAM 768 MB
Memoria di massa Flash da 8 GB
Dimensioni

Versione da 38 mm:
38.6 mm × 33.3 mm × 10.5 mm
Versione da 42 mm:
42 mm × 35.9 mm × 10.5 mm

Vetro Versione Sport:
GorillaGlass con trattamento Ion-Xglass
Versione Watch/Edition:
Cristallo zaffiro infrangibile
Display e rapporto d'aspetto AMOLED
Versione da 38mm:
33.96 mm diagonali, 272×340 pixel, 326 dpi
Versione da 42mm:
38.96 mm diagonali, 312×390 pixel, 326 dpi
Audio e microfono Integrati
Sensori Giroscopio; accelerometro; sensori di prossimità; bussola digitale; barometro
Batteria Integrata con tecnologia Li-Po
Versione da 38mm:
3.8 V 0.78 W·h (205 mA·h)
Versione da 42mm:
3.78 V 0.93 W·h (246 mA·h)
OS al debutto WatchOS 3.0
Aggiornabile fino a WatchOS 4.0

Apple Watch Series 4

Apple Watch Series 4

Quarto aggiornamento dell'Apple Watch, presenta numerose novità come un processore più veloce (Apple S4), più memoria di stoccaggio, Bluetooth versione 5.0 e, principalmente, un display con angoli arrotondati.

Anche le misure delle casse cambiano: la 38mm e la 42mm lasciano spazio alla 40mm e la 44mm, per venire incontro alle mutate richieste del mercato.

Il display OLED con angoli arrotondati garantisce più spazio di visualizzazione, mentre l'OS al debutto è la quinta versione di WatchOS.

Disponibile come di consueto in versione solo GPS oppure GPS+LTE.

Informazioni tecniche
Numero modello Cassa da 40 mm (A1977, A1975, A2007)
Cassa da 44 mm (A1978, A1976, A2008)
Anno di commercializzazione 2018
Casse disponibili Argento, nero siderale, oro
Rete cellulare LTE/GSM (eSIM)
Connettività wireless Wi-Fi (802.11b/g/n) + Bluetooth 5.0, NFC
GPS Integrato
Processore Apple S4 (dual-core)
RAM 768 MB
Memoria di massa Flash da 16 GB
Dimensioni

Versione da 40 mm:
40 mm × 34 mm × 10.7 mm
Versione da 44 mm:
44 mm × 38 mm × 10.7 mm

Vetro GorillaGlass con trattamento Ion-Xglass
oppure
Cristallo zaffiro infrangibile
Display e rapporto d'aspetto AMOLED
Versione da 38mm:
33.96 mm diagonali, 272×340 pixel, 326 dpi
Versione da 42mm:
38.96 mm diagonali, 312×390 pixel, 326 dpi
Audio e microfono Integrati
Sensori Giroscopio; accelerometro; sensori di prossimità; bussola digitale; barometro
Batteria Integrata con tecnologia Li-Po
Versione da 40mm:
3.8 V 0.78 W·h (205 mA·h)
Versione da 44mm:
3.78 V 0.93 W·h (246 mA·h)
OS al debutto WatchOS 5.0
Aggiornabile fino a WatchOS 5.0

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